Clodagh Simonds è qui per ricordarci che il tempo non passa mai. Non c’è nessun passato, presente o futuro: il tempo non è lineare. E’ una lente che ingigantisce le pagine migliori, un caleidoscopio che fa rivivere sequenze diverse ogni volta che chiudiamo gli occhi. C’è la presunzione diffusa che tutto sia reale davanti a noi. Noi che invece viviamo in un sogno di voci e riverberi ai quali presuntuosamente alla fine assegniamo un significato arbitrario. Il tempo segue la stessa non-logica: il tempo è solo la nostra immaginazione.
Così servivano i ceselli artigiani del nostro Mike Oldfield nel 1974 per evocare quel canto di cristallo nordirlandese: un piccolo tocco rivisitato di tradizione gaelica sull’erba brillante di Hergest Ridge. Ma, come dicevo, il tempo non passa mai: ora lei ha 58 anni e dipinge con gli occhi di una bimba un paesaggio marino povero e misterioso quanto una scogliera dentro una sfera di vetro in inverno.
“…racing along this beach as young boys do…”
Eppure esiste un’evoluzione: quel folk progressivo dei Mellow Candle era l’inizio del tempo. Questa voce matura di lana intrecciata su trame complesse non è che una faccia di quello stesso prisma, di quello stesso spirito. Pochi rintocchi elettronici e tappeti sonori, ma davvero sapienti, ne sono sfondo e paesaggio. Qualche goccia di piano incontra un violoncello. Non c’è bisogno di scomodare fantasmi di Brian Eno e Robert Fripp, in quanto sono ben più che fantasmi in questo progetto: ne hanno goduto e partecipato attivamente attraverso le suggestioni degli straordinari Michael Begg e Colin Potter.
Una maturità così profonda e coerente nei testi e nel canto non appartiene a nessuna epoca.
Senza tempo,semplicemente, raggiunge il centro del cuore.
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