Francesca Lago, forse vi ricorderete di lei (no, non è una puntata de I Simpson!) per un disco uscito nel ’97, o più probabilmente no, visto il lungo iato tra quello e l’episodio successivo, l’ep The unicorn del 2009.
Aveva esordito cantando in italiano, ma la Lago in realtà ha sempre scritto e cantato in inglese, perciò la ritroviamo qui nella dimensione che le è più consona. Ed è un disco riuscito, questo "Siberian Dream Map", uscito per la On The Camper Records, folk trasognato con delicati innesti rock che ne fanno una soundtrack notturna per chi ama girovagare col pensiero.
I brani hanno una struttura solida e la voce di Francesca non sovrasta mai gli altri strumenti; è un’opera in equilibrio tra il violoncello sferzante di Zeno Gabaglio, la sezione ritmica di Francesco Miccolis e Marco Ferrara, la chitarra condotta abilmente dalla stessa cantante. I riferimenti? Una Suzanne Vega dell’era post, una PJ Harvey innamorata del Nord Europa, una musica con le radici nel passato ma futuribile all’ascolto, come se fosse stata scritta domani.
La band mostra una coesione invidiabile in tutti i brani dell’album, tanto che scegliere i più belli è solo questione di umore: una movimentata Leech, il singolo Slapstick (guardate l’ottimo video) che esplora ipotesi psycho-trip-hop davvero convincenti, eredità folkish che scaldano il cuore come Raised by the aliens, cantilene per allontanare il buio come To the wild, o ancora energiche scosse di elettricità mai doma come Bad dream. La notizia positiva è che canzoni del genere non invecchiano, anche se inevitabilmente fanno pensare a molto alternative rock dei ’90 (i primi dEUS?), quella negativa è che questa mappa dei sogni potrebbe passare inosservata non seguendo alcuna moda ma al contrario un tracciato di impronte nel bosco dei nostri auricolari sempre meno discriminanti.
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