"Bufalo Bill" è l'album preferito da De Gregori stesso, quello che lui ha sempre considerato il più, completo, ambizioso.

Anno 1976, il successo clamoroso di 'rimmel' è ancora dietro l'angolo, se ne avverte l'eco e i momenti bui del palalido e delle contestazioni sono quanto di più lontano immaginabile. Ancora giovanissimo, appena venticinquenne quando registra "bufalo bill", spaventosamente maturo e probabilmente il primo album dove emerge chiaramente tutta la personalità del de gregori musicista prima ancora troppo impegnato a prendere spunto dal folk impegnato di dylan, dalla poesia di choen e de andrè.

Con "bufalo bill" delegittima i suoi accusatori che vedevano in lui soltanto un ragazzo di buone letture, troppo legato ai suoi "miti", buono per riempire le pagine dei diari. Un nuovo modo di approcciarsi al canto, uno nuovo per ogni canzone, un nuovo sound cercato e ottenuto grazie all'aiuto di grandi come Renzo Zenobi e testi che spaziano dalla denuncia sociale al commovente omaggio a tenco di "festival" fino alla splendida preghiera laica di "santa lucia", forse la canzone più bella del disco. Si parte alla grande con "bufalo bill", epica e bellissima che ancora è uno dei pezzi più amati dal suo pubblico e mi ricordo di quando l'ascoltavo da ragazzo e desideravo di essere il suo amico culodigomma... "atlantide" poi è un colpo al cuore: maestosa tanto da lasciarti sospeso a mezz'aria nell'ascolto e poi... e poi il beat primitivo di "ninetto e la colonia", il finale travolgente di "giovane esploratore tobia" "regalato" da lucio dalla.

De Gregori si ripeterà a questi livelli nell'altro capolavoro "titanic" e nel successivo mini "la donna cannone" ma qui si sente tutta la sua voglia di stupire, di mettersi in gioco per smettere di essere il nuovo dylan o il nuovo chissà chi ma soltanto francesco de gregori.

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