Nell'800 re Carlo viene incoronato imperatore dal Papa dando vita così al Sacro Romano impero, che sopravvisse circa mille anni. Il 31 ottobre del 1517, il monaco Martin Lutero pubblica sul portone della chiesa del castello di Wittenberg un documento che condanna la vendita delle indulgenze attraverso 95 punti. 1793, Luigi XVI viene condannato per alto tradimento dalla Convenzione Nazionale, venendo condannato a morte e ghigliottinato in Piazza della Rivoluzione. 1921, in Russia muore Lenin, gli succede al potere Stalin. 16 marzo 1978, viene rapito Aldo Moro dalle Brigate Rosse e ucciso il 9 maggio dello stesso anno. Il secondo triumvirato, la guerra dei cent'anni, Cristoforo Colombo, la presa della Bastiglia, la pace di Westfalia, la marcia su Roma, la conferenza di Yalta, la caduta di Napoleone, l'Italia in guerra.

Era un De Gregori diverso quello degli anni 80, più curato nello stile e meno interessante di quanto potesse esserlo in passato. Sembrava che la sua indole da cantautore, così intimista e ricca di metafore, fosse destinata a chiudersi in una manciata di album che divennero l'emblema di un'epoca musicale. Il suo modo così singolare di vestire canzoni attraverso un uso smodato di sinestesie e versi intimistici divennero un arma a doppio taglio. Uno stile troppo ermetico per piacere a tutti, a tratti poco diretto a differenza di un collega come De Andrè, e troppo soggetto ad un paragone sbilenco come poteva essere quello con Dylan. E sopratutto che dopo 'Generale' fosse difficile ritoccare vette artistiche di euguale successo.

Ma nel 1985 sulle ali del successo della donna cannone, colui che veniva ormai conosciuto come 'Il Principe' incide il suo undicesimo album da solista, escluso l'esordio con Venditti, 'Scacchi e Tarocchi'. Disco piuttosto sottotono a dire della critica, avvalsosi della collaborazione di Ivano Fossati, di un brano dedicato a Pasolini, ma contenente uno dei manifesti culturali più stravolgenti dell'epoca del cantautorato, quella 'Storia' che ancora oggi è nota ai più come uno dei brani maggiormente riusciti del cantautore Romano. Discutere la storia non fu un'operazione innovativa. Ci pensò gia anni prima Eugenio Montale, dissacrandola e analizzandola, accompagnato da quel pessimismo che condusse tutta la raccolta 'Satura'. Il titolo, anche stavolta, 'La Storia', semplice e diretto, spogliato dai suoi significati più interni e riportato alla luce tramite il suo potere distruttivo e le sue capacità benevoli. Un'indomabile ruspa, alla quale dopotutto c'è chi sopravvive.

Francesco non fa altro che capovolgere quella che è l'essenza della storia alla quale siamo più abituati. Apporta quella che è definibile come una concezione illuministica del concetto di 'storia', contrapponendola a quella più puramente classica e latina, che vedeva nei personaggi di spicco del passato, quali politici o imperatori, i veri protagonisti del nostro passato. Quello che lancia De Gregori è un messaggio che fa paura. La storia siamo noi. Spegnete la televisione e chiudete i libri, tutto ciò che avete studiato e imparato fino ad oggi sul passato non regge il paragone con la storiografia delle nostre vite. E' un messaggio rivoluzionario che spaventa. Essere noi questo silenzio così duro da masticare implica avere delle responsabilità non di poco conto. Siamo noi quelle onde nel mare, simboleggianti qualcosa in continuo movimento, mai statico e mai fermo come la nostra pigrizia esistenziale ci obbliga a credere. E che nessuno si senta escluso da questa che è una verità che rispecchia tutti noi in quanto esseri umani, e non in quanto nomi e cognomi, che nessuno si senta offeso.

De Gregori si traveste da Galileo Galilei, enunciando quella che è una verità scomoda e andando contro il pensiero di migliaia e migliaia di anni. Perchè quando scopri di essere tu quella gente, - perchè è la gente che fa la storia -, non ti puoi più nascondere. La storia la fai ogni giorni, la vivi costantemente attraverso il più puro e ingenuo gesto quotidiano che finisci col dare per scontato. La storia la tracci con un dito ogni momento, senza il bisogno di fare una crociata o di abbattere una portaerei. La varietà di questa bellezza è dettata dal nostro essere ognuno profondamente diverso dall'altro, e non tutti uguali come vogliono farti credere. Perchè non siamo ingabbiati come qualcuno si ostina a dire: quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare, la storia non fa distinzioni. Ci vede sempre allo stesso modo, come un infinità di fili d'erba, come un prato di aghi sotto il cielo.

La storia fa irruzione in ogni dove. Entra dentro le stanze, le brucia, ed è spietata regolatrice: la storia da torto o da ragione. Ma la gente questo ce l'ha dentro, anche se non ne è cosciente. La gente, quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti che sanno benissimo cosa fare.
A partire da coloro che hanno tutto da vincere, per finire con chi non crede di contare e crede di avere tutto da perdere. Siamo tutti leggeri come delle piume, non più in balia del vento ma forti della consapevolezza di avere il dovere di ritagliarci uno spazio. E cosi l'astrattismo che divaga nella nostra concezione di passato sfuma sempre più, assumendo connotati sinceri e concreti, come i gesti che la compongono e di cui sappiamo di essere coscienti protagonisti. Ed ecco che il primo paragrafo della recensione in Francesco perde di credibilità: perdono clamorosamente di valore al cospetto di un gesto che salva una vita, che non sente la necessità di essere riportato al grande pubblico.

La storia la fa Alfredo, che ogni mattina indossa i guanti da chirurgo ed infila le mani nei propri pazienti. La storia la fa Jessica, che con l'aiuto della sorella cerca di uscire dal tunnel della tossicodipendenza. La storia la fa Ernesto che lotta ogni giorno contro un tumore, la fa sua moglie che non smette di combattere insieme a lui, la fanno i ragazzi che scioperano per i loro diritti, la fa Roseline quando torna a casa dopo una nottata di lavoro sui marciapiedi. La fanno Alfredo e Rosaria quando scoprono che presto diventeranno genitori, la fanno Gloria e Antonio, quando decidono che il loro amore è pià forte delle loro differenze sociali. La storia la fa Aldo, vedovo guardiano di un museo, quando la mattina porta un fiore alla tomba della moglie. La storia la fa Fabio che adotta un cane da strada, la fa Debora, vittima di violenza domestica, che trova il coraggio di denunciare. La fa Roberto che restituisce dei soldi a chi li ha distrattamente lasciati cadere, Valerio che rifiuta l'omertà contro la malavita, Fernando che non arriva a fine mese, Giovanna che non ha mai conosciuto sua madre, Cristian che guarda le stelle alla ricerca di un suo caro che non c'è più. La fanno due giovani che si innamorano, la fa chi si sveglia ogni giorno alle 6 e un quarto per andare a lavorare, due bambini che si tengono la mano, la fa una carezza, un fiore o uno sguardo.

La storia la fa De Gregori quando sale sul palco, la storia la faccio io mentre scrivo e tu mentre leggi, a prescindere dal piacere della lettura. E se ognuno di noi fosse un libro di storia, cosa ci troveremmo dentro? A volte me lo chiedo e non sempre trovo i contenuti che cerco. Ma forse questo è solo l'inizio. Forse abbellire questo libro deve essere il mio, il nostro obbiettivo. Vederlo un giorno infiocchettato e colorato coi colori che ci piacciono. In modo da renderlo finalmente generoso questo piatto di grano.

Francesco De Gregori (1951 - 201... Ah ma è ancora vivo? Meglio così)

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