Ho sempre odiato quelle strane forme di forzature commerciali, altresì denominate greatest-hits, che i nostri bravi cantautori italiani tentano di propinarci un'anno sì e l'altro pure.
Pochi, pochissimi, i greatest-hits veramente riusciti: ricordo, a mia memoria, l'ottimo greatest-hits di Simon e Garfunkel (da comperare immediatamente) e l'altrettanto eccellente "The King of rock'n roll" dedicato a Elvis Presley (recensito dal sottoscritto non più di due settimane fa).
Merita invece una solenne bocciatura "Mix", inutilissimo 'the best of' targato Francesco De Gregori. Trattasi, niente di meno che, di una riproposizione, in chiave live, di alcuni successoni del Principe (o meglio, ex Principe) dei cantautori italiani: nel calderone c'è un pò di tutto, "La donna cannone", "Il bandito e il campione", "Viaggi e miraggi", "Pablo", "La valigia dell'attore", "Alice", "Rimmel", "Buffalo Bill", "Generale", "Viva l'Italia" e via discorrendo. Ci sono, inoltre, per guarnire meglio il prodotto, una serie di perle più o meno famose: "Signor Hood", "I matti", "Chi ruba nei supermercati?", "Come il giorno", "Cose". In più, a mò di contentino, alcune cover di nessun interesse, spicca tra tutte la spigolosissima versione acustica di "A chi", cavallo di battaglia dell'ex negro bianco Fausto Leali.
C'è anche la misteriosa "Sotto le stelle del Messico a trapanar" (se ne sentiva il bisogno ?).
Operazione commerciale dubbia e tristissima, priva di qualsiasi fascino e, cosa gravissima, di qualsiasi logica. Perchè presentare in ordine sfuso e illogico una serie di brani risalenti a epoche tra loro diversissime? Perchè proporre "Bellamore" e non, ad esempio, "La leva calcistica della classe '68"? E perchè, soprattutto, continuare, di anno in anno, a stravolgere (con risultati spesso infausti) la melodia e la ritmica delle canzoni? Lo fa anche Bob Dylan in America, potrebbe rispondere qualcuno, ma De Gregori, per quanto bravo, non è (e non è mai stato) immenso come Dylan. C'è da aggiungere che "Mix" è uscito, nientemeno, che un solo anno dopo il precedente antologico "Fuoco amico" (un pochino meglio) e forse, bisognerebbe pensare, che il pubblico non ha sempre 25 euro da mandare al macero ogni anno per comperare brani già sentiti e risentiti dieci cento mille volte. E non basta la confezione sontuosa e elegante per ingannare quello che si è sempre creduto essere il popolo bue.
Trattasi dunque di bieca operazione commerciale che tenta, vanamente, di nascondere una dolorosa verità: De Gregori è a corto di ispirazione. Si rifarà l'anno dopo con "Pezzi" e, quasi contemporaneamente, col panelliano (per via della copertina) "Calypsos". Ma non si possono nascondere le proprie debolezze attraverso una coltre di futilità e banalità assortite. Chiaramente io "Mix" non l'ho comperato, me l'hanno regalato (sanno che amo De Gregori, o meglio, il primissimo De Gregori, quello compreso tra il 1973 e il 1982). L'ho ascoltato, l'ho ripudiato e l'ho venduto. Ho fatto male? Accetto consigli.
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