A due anni da "Viceversa" Francesco Gabbani, novello conduttore di "Ci vuole un fiore", sforna un altro album che rispecchia perfettamente lo stile che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, da "Amen" in avanti. "Volevamo solo essere felici", questo il titolo della nuova collezione di inediti, in dieci brani di lunghezza standard (in un solo caso si superano i quattro minuti, e non si scende mai sotto i tre) ci regala un vortice di belle melodie che cullano l'ascoltatore mentre l'autore sciorina, come al solito ormai, versi che uniscono cultura alta e bassa, Occidente e Oriente, assimilando perfettamente la lezione di un altro Francesco, ovvero Battiato da Jonia. In Gabbani però siamo sempre nel divertissment: non ci sono, o non sembrano esserci, messaggi più profondi dietro ai bizzarri accostamenti verbali che vanno, ad esempio, dalla religione al cibo. Una cosa però è certa: Francesco ha creato un suo stile, che può piacere o no, o alla lunga stancare, ma è sicuramente riconoscibile. I dieci brani sono altrettanti esempi dello stesso modus operandi. Non farò il track by track, ma mi limito a dire che le migliori del lotto sono, a parere di chi scrive, "Spazio tempo", canzone già uscita precedentemente e sigla della fiction di RaiUno "Un professore", con Alessandro Gassman e Claudia Pandolfi; "Tossico indipendente", la opening track; e "Sangue darwiniano", dove il testo è più riuscito che in altre canzoni. I singoli "In rete" e la title track, "Volevamo solo essere felici" appunto, non mi hanno entusiasmato più di tanto. Concludo dando all'album 3 stelle, perché credo che rispetto a "Magellano" e "Viceversa" ci sia comunque qualcosa in più, specie nella produzione. Tuttavia la "formula-Gabbani" non so fino a quando potrà reggere e piacere, e non risultare, nella sua "originalità", a lungo andare, non più originale.

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