Come chi riceve un Segno e se ne va in seminario, Guccini nel 1970 si convertì al cantautorato “serio”. Testi verbosi su musiche scarne, e chi mi vuol sentire mi senta. Giustappunto due anni dopo – anche il titolo del suo secondo lavoro è un segno di questo passaggio – il suo debutto discografico (Folk Beat n.1 non è che avesse fatto tutta questa breccia sui padiglioni auricolari dell’uditorio nazionale), il poeta di Pavana imbocca la via che conduce a Via Paolo Fabbri 43 : il luccichio delle perle di quell’album ("Piccola storia ignobile", "L’avvelenata", "Il pensionato", "Canzone quasi d’amore") è ancora lontano, ma si intravede già l’abilità parolaia di questo emiliano scontroso ed irascibile. Oltre, ovviamente, ai suoi marchi di fabbric : minimaliste storie di provincia ("Il compleanno", "Lui e lei"), malinconici quadri di vita quotidiana ("Per quando è tardi", "La verità", l’evocativa "Giorno d’estate"), disegni biografici a tutto tratto ("L’ubriaco", di cui consigliamo la notevole versione live contenuta in Quasi come Dumas). E ovviamente la polemica politica, qui ridotta ad un solo esempio ("Primavera di Praga") e non ancora pennellata di ironia e sarcasmo, ma al contrario diretta, aspra, senza mezzi termini, come insegna ogni buon sessantottino.
L’ironia, casomai, la troviamo nell’ultimatum travestito da consiglio bonario che, in “Vedi cara”, l’io narrante propone ad una amante disattenta ("Vedi cara" è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già).

A conti fatti un lavoro ancora acerbo, ma – e questo lo si nota – già curato e, nelle intenzioni dell’autore, ambizioso: Guccini pretende dal pubblico l’attenzione che merita un intellettuale come lui, e a riprova di questo l’ultima traccia del disco ("Al trist") è volutamente in dialetto modenese.
L’esplicita dedica a coloro che alla radio ascoltano musica americana senza capire un c… (testuale, ancora da “Quasi come Dumas”, in sede di presentazione del brano) fa perlomeno intuire che Guccini non si canta, si ascolta. Possibilmente, anzi necessariamente concentrati su quello che dice. Perché quello che dice è più importante di quello che si sente.

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