L'esimio DeUtente Targetski (alla nàgrafe noto quale Targhetta Francesco) ha scritto un libro: "Fiaschi". Addirittura di Poesia. Roba da matti. Appunto.
Nous allons pouvoir commencer.
One) Prioritariamente, da buon scassalamiere chè il libro più poetico ché ha letto à tutt'oggi rimane il "Crash" del mistico Ballard, mi chiedevo quale tipologia di transumante abitacolo motorizzato Ella predilig(i)e per i Suoi spostamenti spazio-temporali (teletrasporto escluso, of course).
La citazione di Ballard, caro Sfascia, cade a fagiolo, visto che qualche mese fa sono stato speronato da un’auto guidata da una giovine donzella. Il giorno dopo, al bar, facendo la constatazione amichevole, ho scoperto che costei era molto esperta nella compilazione del modulo, visto che l’aveva già steso (il modulo) quattro volte. Saputo però che ero un supplente, che la macchina che guidavo non era mia, e che l’unica macchina a me intestata è una 500 rossa parcheggiata nel garage di casa (dei miei) in orizzontale, deve aver cambiato obiettivo. Le dirò comunque che all’auto, nonostante questi inconvenienti che danno pepe alla routine quotidiana, preferisco di gran lunga la bicicletta, che uso per girovagare nelle campagne intorno casa e per andare in città il sabato sera, anche se da quando si sono messi a fare l’alcol-test pure a chi va in bici, preferisco andarci in macchina, così almeno mi tolgono la patente per una buona ragione.
Dos) Supponiamo che il piccolo Targhettino quel trentennio fà fosse nato, anzichè nelle prevalentemente bucoliche valli venetiane, in quel del Washington DC o giùdiqùì. Avrebbe scritto? A chi? Ed eventualmente cosa?
Credo che avrei scritto comunque, sì, anche perché sono convinto che quanto più un posto e una società civile si allontanano da un qualsiasi gusto artistico, tanto più stimolano quella ribellione interna necessaria per scrivere. In questo senso, un ipermercato o una sfilza di villette a schiera abitate da leghisti incattiviti dalla facilità con cui la Rai elargisce i soldi pubblici nel Gioco dei Pacchi favoriscono la scrittura molto di più rispetto a un pittoresco orizzonte di colline. Si figuri lei cosa potrebbero far scrivere i Mall, i McDrive, e via dicendo. E infatti è da lì, oggi, che provengono le penne migliori. Tutta gente, da Roth a Eugenides, che aborrisce la società americana (tanto che o vive da eremita o è fuggito altrove), ma che ne ha avuto bisogno per poter alimentare la propria voce.
Trois) Urge a quodesto point una spinosa domanda: Ella, predilige i cactus deserticheggianti o le più umili et casalingue piante grasse? {parrebbe una domanda stùpida, ma, in effetti, nè ha tutte le caratteristiche}
No (come rispose Homer a Bart quando gli chiese se indossava i boxer o le mutande). E comunque ne approfitto per ringraziarla di queste inspiegabili e immeritate cinque domande.
Zero-Tré "seria") [la precedente era una boutade defàticante] Rivestendo un ruolo di cristallina caratura all'interno dell'asfittico panorama poetico-sotterraneo triqolorico, mi chiedevo quale fosse la Sua attuale sensazione sullo stato della {sempre ché ne persista una} scena letteraturistica [indipendente] stivaliphorme.
Non prima di precisarle che ‘cristallina caratura’ andrebbe sostituito con ‘sotterranea opacità’, le confesso che la sensazione, almeno per quanto riguarda la scena poetica, è positiva. Circolano molte voci interessanti, che però hanno difficoltà enormi ad emergere e a smarcarsi dalla truppa. Il mondo editoriale non aiuta, perché o asseconda coloro che vendono già o si concede puttanescamente a chiunque sia disposto a pagare, senza operare la benché minima selezione tra le opere (tanto, stando alla poesia, nessuna avrà mercato comunque). Però, intanto, l’oscurità di questi tempi berlusconiani sta favorendo voci forti (ripeto qui alcuni nomi: Antonio Turolo, Igor De Marchi, Paolo Maccari, Fabio Donalisio, Maurizio Mattiuzza, Ivano Ferrari, Sebastiano Gatto), che hanno già scritto cose importanti e che meriterebbero quella ribalta e quell’eco che invece si preferisce dare agli amici-di-maria.
Vier) Tré Discoli-Libri-Film pressoché imprescindibili da traslarsi in desert-island località origliati nel nascente neo-millennio? E, eventualmente, perchè.
Solo roba del nuovo millennio? Uhm, vediamo. Discoli: Arcade Fire, “Funeral”, perché è stato amore incondizionato dal primo ascolto, e mica capita spesso; Beth Gibbons & Rustin’ Man, “Out Of Season”, perché nell’isola deserta avrò bisogno di assecondare frequenti ugge; Interpol, “Turn On The Bright Lights”, per la somma dei due motivi di cui sopra. Libri: un Houellebecq, credo (“Le Particelle Elementari”, forse; portarsi “La possibilità di un’isola” in un’isola sarebbe troppo banale), perché così mi convinco che il mondo fa schifo e che a stare in un’isola deserta non mi perdo niente; certamente un Roth, e direi “Everyman”, che è un bella educazione al tirare le cuoia; e Coetzee, “Vergogna”, devastante, ma sublime. Mi lasci però aggiungere un libro pre-2000, ossia “Il Giorno del Giudizio” del suo conterraneo Salvatore Satta: un libro sulla vita e sulla morte assieme straordinariamente intelligente e capace di smuovere le viscere. Potessi portare un libro solo, nell’isola, forse porterei quello (anche per la sua assoluta ‘isolanità’). Inizi a preoccuparsi, dunque, perché quell’isola potrebbe essere la sua. Per i film, non saprei. Stando agli ultimi quindici anni, se me lo concede, sceglierei “Il Sapore della Ciliegia” di Kiarostami, “Smoke” di Wang e “Segreti e Bugie” di Leigh. O magari “Il Giardino delle Vergini Suicide”. Il film. Anche se sarebbe meglio il libro. Anche se sarebbero meglio le vergini.
Kimbe) Meglio cercar di corroder/plasmare dall'interno il rotten-systema or una sana quanto intransigente militantzia extra-parlamentare: in sintesi... ma, chi glé lo fà fare ?
Guardi, finora tutti i ‘sistemi’ in cui ho timidamente cercato di entrare (l’università, per dirne uno) mi hanno cagato fuori e respinto a calci nel didietro, sicché, da ‘ripudiato’, mi verrebbe facile rispondere che è meglio la militanza indipendente e intransigente. E infatti le rispondo così, anche perché non ho provato sulla mia pelle se davvero, come si dice, entrare nei sistemi annichilisce qualsiasi volontà di corroderli e rende presto aderenti ad essi. Se mai dovessi, per sbaglio (ormai l’unico modo per potervi entrare), cominciare a farne parte, anche come l’ultimo degli scalzacani, non dubiti che le farò sapere cosa si prova. Le dirò, comunque, che starsene fuori (con il perenne problema, molto disturbante, di come tirare a campare) non significa che agli agglomerati di potere non si debba quantomeno continuare a scassare i maroni, cercando di mettere i bastoni fra le ruote appena si può. Per carità, è vero che spesso le energie per fare opposizione quotidiana (contro il capo stronzo, la preside, il muro dei curricula non risposti, le persone di merda, i baristi leghisti, gli arroganti, i baroni) le dobbiamo spendere per sopravvivere al quotidiano stesso e per arrivare in qualche modo a fine mese, ma basta che ognuno impianti almeno un legittimo casino, per i cazzi propri o grazie al respiro comune che può dare internet, per lasciare un segno e creare disturbi e interferenze importanti. Se alla causa può servire anche qualche poesia, meglio. E se quelle poesie possono pure aiutare a sorridere e a dare un minuto di dolcezza, meglio ancora.
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