Infilato in un pacchetto di sigarette non riuscivo a scorgere l'orizzonte sonoro di cotanta bramosia. Coppola con il suo incedere befferdo riuscì a destarmi da un gagliardo oblio autunnale. Riflessioni in macchina, cinema di legno in una settimana novembrina spruzzata di alcool e noia.

Ormai passato a produzioni independenti il vecchio Francis si fregia dei gradi di ammiraglio senza doverne rendere conto a nessuno, pubblico incluso. Quale scialba monotonia ovattata riuscirebbe A DISTOGLIERE L'ATTENZIONE DA UN DETTAGLIO INSUFFICENTE? Quale grama maldicenza potrebbe inficiare il barbuto regista.

Saturando le lucrosi sinapsi, il cineasta italoamericano si inerpica in un fruttuoso tentativo di carpire l'attimo garrulo della tortusa vicenda di un fratello sparito. Quante inquadrature rievocano la mano ferma del maestro; fotografia invadente ma necessaria, sceneggiatura forte ma carnivora. Le ossa si rompono: sapore di cuoio e liquirizia nella sala.

Me ne torno a casa immaginando Scott Fitzgerlad intorpidito e alticcio in un caffè di Buenos Aires...

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