Il Battiato “sperimentale” era un feticcio tardo-adolescenziale della mia generazione. Dopo aver passato l'infanzia a cantare accanto a un mangianastri, straparlando appresso a lui di gesuiti, euclidei, bonzi e cinghiali bianchi, sconoscendone il significato, mi sono ritrovato un adulto che come diceva Morgano nei Bluvertigo, deve “capire Battiato”.

E mentre Franco “il pazzo” regalava al mondo il pezzo dei pezzi, “La cura”, a me La cura mi lasciava indifferente, sarà anche perché era un periodo di Bologna, fuckin' away, ammucchiate e gran cannoni. Il mio aspetto teosofico sarebbe uscito più in là. Almeno il mio è uscito. Anni fa una giornalista di quelle da “rete locale”, si avvicinò a Mastro Franco e tra una domanda inutile e l'altra, finì in un ginepraio con annessa considerazione: “Amo molto il pezzo La Cura e le immagini che si vedono in quella canzone, come, ad esempio, vagavo per i campi del tennis. Lei gioca a tennis?”.

Franco oggi è un simpatico signorotto in pace con se stesso, che la racconta ridacchiando e poi vola da un palco sulle note di “Voglio vederti danzare”.
Franco è l'uomo che ha conosciuto il fondo ed è risalito. È scritto anche nel libretto di Clic: “Solo toccando il fondo riesci a capire quanta acqua c'è sopra o a che altezza ti trovi”. Franco era discretamente malconcio, aveva conosciuto fantasmi d'angosce con perdite d'Io. Per conoscersi.

Conoscersi è una delle pratiche più pericolose per un essere umano.

No u Turn è il pezzo che descrive tutto questo. La canzone a un certo punto ha una parte del testo girato al contrario e sulla melodia “girata”, Battiato ha scritto la canzone. Un paio di decenni fa, avvalendomi di un multitraccia Fostex (il pc casalingo era ancora un ostile aggeggio poco funzionale), girai la traccia, perché quello che può fare una dose di curiosità e di pazienza accompagnata da un'erbetta mica male, non si può capire.

Ora, io non dico che quel messaggio racconti chissà quali grandi verità imprescindibili. Anzi: la chiosa gentista, poi ripresa con forza in “Povera Patria”, lascia un po' di tristezza e in fondo, tutto il testo girato, è un concentrato di patetica tristezza al limite del fassbinderiano.

Ma Battiato in quel momento era in un limbo di “pensieri bui”, tutto l'album racconta sociopatia, esclusione, l'inutilità della forma discorsiva, ben descritta in “Ethika fon Ethica”.

Però,ok. Andava fatto. È il senso del viaggio che ti porta a fare questo. Pensavo di trovare su youtube questo spezzone girato, ma non c'era traccia e ho provveduto io.

Clic l'ho comprato a metà anni Novanta in una bettolina a Bologna, probabilmente defunta come tutte quelle discherie umane.
Ascoltando Clic, ho anche scoperto che la sigla del TG2 Dossier che da piccolissimo aspettavo per chiudere gli occhi e andare in una sorta di mistica pace dei sensi, era sua (Propriedad Prohibida). Io avevo due anni e non avevo ancora capito secondo quale strambo algoritmo, ogni tanto la televisione rilasciava questa meraviglia.
Non avevo ancora capito che stava al caso, decretare quando avrei vissuto quel momento di pace. Il caso era un telecomando, una tv sintonizzata su Rete2 proprio in quel momento. Non potevo scegliere, autonomamente, quando regalarmi quel momento di pace.
L'età adulta mi ha confermato che è ancora così. Non è il fatto anagrafico a scegliere per noi, ma le variabili della vita. Quel momento di pace che riusciamo a trovare nel nostro quotidiano è la ricompensa per aver avuto pazienza. Non tolleranza, ma pazienza, verso le storture della vita e i pensieri neri che possono vincerci.
Anche Mastro Franco ha avuto pazienza. Poi ha trovato Giusto Pio e ha raccontato tutto questo a milioni di persone.
E ha fatto bene. Perché è lì che il popolare, assume un significato imprescindibile, reale, sincero e utile.

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