"Un bambino degli anni 50, col naso non ancora trasformato dallo scontro con un palo di una porta da campo di calcio, ci osserva divertito dalla copertina. Quello stesso bambino, di poco più d'una trentina d'anni più vecchio, che, messo su il disco, ci canta dell'Universo rappresentato alle sue spalle."
Franco Battiato aveva passato la prima metà degli anni 80 in cima alle classifiche di vendita, con una serie di album geniali e provocatori e tantissimo materiale, canzoni, ma anche interi album, scritto per altri.
Nel 1987, dopo un anno di pausa discografica, compone e mette in scena un'opera lirica, "Genesi", con la quale ritorna in qualche modo alla sperimentazione abbandonata a fine anni 70. In quel momento storico arriva persino a dire che potrebbe abbandonare la musica leggera; appena un anno dopo però arriva nei negozi un disco nuovo, un lavoro che però è destinato a segnare una svolta (non l'unica) nella carriera del cantautore catanese: "Fisiognomica".
‘Le mani continuavano ad andare sul materiale leggero, sulle canzoni' ricorda qualche anno più tardi Battiato. E che sia un disco nato sull'onda di una fortissima ispirazione, è assolutamente fuori di ogni dubbio, com'è altrettanto certo che questa stessa ispirazione portasse con sé una certa voglia di cambiamento. Le canzoni che compongono l'album sono una sterzata decisa, un colpo d'ala verso momenti di spiritualità altissima: per la prima volta argomenti delicati e profondi quali la ricerca del Sacro vengono affrontati da Battiato senza pudori, con complessa semplicità e allo stesso tempo con poesia, assecondati da melodie ricercatissime e per niente mirate al facile ascolto. Eppure, di una bellezza ammaliante.
Basterebbe citare "E ti vengo a cercare", la canzone più celebre del disco, una delicata ode alla ricerca dell'amata/o che in realtà altro non è che la ricerca del Divino, un connubio fra testo e musica fra i più intensi e riusciti dell'intera carriera di Battiato. O altre perle lucentissime, "Nomadi", scritta dall'amico Juri Camisasca; "Veni l'autunnu", che fa respirare anche a noi l'aria di passate stagioni siciliane; la poesia della solitudine di "Secondo imbrunire"; lo sguardo disincantato e allo stesso tempo commosso sui sentimenti giovanili de "Il mito dell'amore"... non c'è un momento debole in "Fisiognomica", tutto è permeato di ricordi vividi e intensi, di spiritualità, di emozioni distillate in musica, soprattutto di una tensione al trascendente che caratterizzerà anche i lavori successivi di Battiato, almeno fino a "Caffè de la paix".
Chiude l'album, o meglio questo viaggio mistico, "L'oceano di silenzio" dove un punto di equilibrio fra ricerca, semplicità pop-olare e classica austerità sembra ottenuto quasi magicamente, grazie a un'atmosfera meditativa che riesce a porre l'ascoltatore in uno stato di eterea sospensione, e a concludere il disco lasciando nella mente, e nel cuore, la sensazione del capolavoro.
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