"Gilgamesh"
Opera in due atti di Franco Battiato
Orchestra e coro del Teatro dell'Opera di Roma
Sovrano di Uruk,la biblica Erech, identificata nel sito iracheno di Warka ai bordi dell'Eufrate, per due terzi divino e per un terzo umano, signore incontrastato cui gli dei per frenarne la tracotanza inviano Enkidu, dapprima suo avversario e poi suo fedele compagno. Con Enkidu, Gilgamesh, che persegue la fama e desidera eternare il suo nome con una grande impresa, volge verso una foresta di cedri ove si cela Khumbaba, possente forza del male, per liberare la terra dalla sua presenza. Sconfitto Khumbaba e acquisita ulteriore fama e potenza, Gilgamesh rifiuta di giacere con la dea Ishtar e assiste addolorato alla morte dell'amico Enkidu. Rimasto solo Gilgamesh tenta l'ultima umana impossibile avventura, quella di eludere la morte. Si mette in viaggio alla ricerca di Utnapishtim, l'unico umano cui gli dei concessero vita eterna. Per raggiungerlo affronta un viaggio estenuante che lo conduce dapprima al giardino degli dei, poi all'incontro con la divina Siduri la quale tenta di dissuaderlo dall'impresa rammentandogli che gli umani hanno per fato la morte e i piaceri della vita, e tuttavia gli indica la via da attraversare: l'Oceano dalle acque mortali. Aiutato da un traghettatore Gilgamesh naviga su quelle acque e giunto davanti all'uomo immortale ascolta da questi il più antico resoconto del Diluvio e un segreto degli dei: un fiore d'acqua che assicura l'eterna giovinezza. Gilgamesh coglie quel fiore, ma nel viaggio di ritorno verso Uruk, mentre si bagna ad una fonte, un serpente gli ruba il fiore. Tornato ad Uruk, Gilgamesh incide su pietra la sua storia e come per ogni mortale si conclude la sua vita.*
Nel 1992 a cinque anni dal suo primo lavoro teatrale "Genesi" Franco Battiato compone "Gilgamesh" opera in due atti dal sapore orientaleggiante.
Gilgamesh, è un mitico re Sumero protagonista del primo poema epico della storia dell'umanità, scritto su tavolette d'argilla circa 3000 anni fa. Protagonisti della scena sono il mezzo soprano Akemi Sakamoto e il baritono Giorgio Cebrian.
Ho comprato questo cd per caso, convinto che fosse un album di Battiato che non conoscevo, e in quanto totalmente digiuno di opere liriche ho affrontato l'ascolto con non pochi pregiudizi. Devo ammettere che l'ascolto risulta però scorrevole e gradevole per tutta la sua durata. In particolare ho gradito il secondo atto in cui la musica ricorda più da vicino le sonorità del Battiato anni settanta ed è lasciato meno spazio al canto dei due lirici.
Data la mia totale incompetenza nel genere lungi da me esprimere un giudizio, l'unica cosa che mi sento di dirvi è di provare ad ascoltarlo per poi postare i vostri commenti in modo da creare una piacevole discussione che vada oltre i soliti commenti sterili.
*Dal libretto interno al cd
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