Al vertice della mia personale, opinabilissima, classifica della musica d'autore italiana degli ultimi 30 - 40 anni ci stanno tre Giganti, diciamo del livello di Pelé o Maradona: Franco Battiato, Fabrizio De André e Francesco De Gregori. Dal mio punto di vista, nella loro complessa diversità, stanno a pari livello. Poi, uno due o molti gradini sotto, tutti gli altri.

Dunque: Battiato, De André e De Gregori. Rispettivamente classe 1945, 1940 e 1951. E De André purtroppo ci ha già lasciati.

Mercoledì 18 luglio, Battiato era di scena a Vigevano. Non proprio dalle mie parti, ma Battiato è Battiato (ed è del '45, non so se mi spiego...).

Partecipare a un concerto di Battiato è un'esperienza che mi regala sempre qualcosa (una sorta di shock addizionale individuale, una raddrizzata alle mie ottave). Eppoi non sai mai cosa aspettarti: con una carriera del genere alle spalle, il repertorio è praticamente sterminato, e infinite le opzioni per riempire quel paio d'ore. L'indiscutibile classe del siciliano, unita al perfezionismo che contraddistingue le sue performances live, rendono l'evento appetitoso. Netta qui la differenza con un altro Grande che seguo spesso dal vivo, De Gregori, i cui concerti mi sembrano invece sempre fortemente influenzati dallo stato d'animo del Principe, passando da prove esaltanti e coinvolgenti, nonostante quel modo distaccato e freddino che comunque da tempo mantiene nei concerti, ad altre piuttosto deludenti, dominate da uno scazzo percepibilissimo e disarmante. Ma al di là di questo, laddove De Gregori in genere stravolge dylanianamente le sue canzoni, cambiandone l'arrangiamento, mutandone anche i versi, e cantando a volte bene, a volte benissimo, ma altre volte male, a seconda della serata, l'esecuzione live di Battiato è invece perfetta, e decisamente fedele alla versione disco, con la lodevole eccezione de La Cura, che in concerto sfoggia un nuovo arrangiamento, più semplice e meno "barocco", e che preferisco, rispetto al disco.

È quindi con grande curiosità (e una manciata di congenito irrimediabile ritardo) che mercoledì sera me ne vado al Castello di Vigevano per assistere al nuovo concerto del catanese. La location è bella: il palco e il pubblico sono sistemati nel cortile interno del castello, in posizione rialzata rispetto alla splendida Piazza Ducale da cui si accede. Mi perdo il pianista, chiunque esso sia, che pre-concerta. Arrivo mentre si piglia gli applausi, molto educati, da cui capisco che aver fatto un po' tardi non è stata una tragedia. L'area di fronte al palco, per un centinaio di metri, è transennata e riservata ai Signori con i Biglietti di Grosso Taglio. I miei amici ed io, col nostro bigliettino da 22 Euro, ci piazziamo dietro, visto che di lato non c'è più posto: c'è una quantità impressionante di gente, di ogni genere ed età.

Il palco è strano, al centro c'è una sedia con davanti il microfono e di lato un tavolino con sopra da bere. Dietro la sedia una serie di tendoni. Sale il nostro eroe, e si piazza seduto, cominciando lo show imprevedibilmente con la delicata e sommessa Haiku, da Caffé de la Paix. Man mano che i brani si susseguono, i tendoni calano uno a uno, scoprendo i musicisti, di cui non ricordo i nomi e che quindi, metonimiamente, identificherò con i rispettivi strumenti: pianoforte classico, un quartetto d'archi, percussioni, tastiere, chitarra elettrica, basso, batteria (questi ultimi tre costituiscono gli FSC). A seguire, salgono sul palco per i pezzi più movimentati anche tre deliziose fanciulle, che insieme alla percussionista formano le MAB. Proprio MAB e FSC sono i due giovanissimi gruppi che suonano nell'ultimo album di Battiato, Il Vuoto. Le canzoni tratte da questo lavoro (su cui il mio giudizio è ancora tutt'altro che definito) sono molte, ma ben distribuite all'interno del concerto. Lo show è vario, nell'alternanza di momenti in cui predominano le canzoni più calme e meditative, con netta predominanza del piano e degli archi, ad altri in cui la fanno da padrone i pezzi più veloci, con i giovani accompagnatori scatenati. Il repertorio è ben selezionato: Battiato pesca un po' dappertutto nel mare magnum della sua produzione, non tralascia i suoi pezzi più famosi e amati, soprattutto nel finale e nei bis (E Ti Vengo A Cercare, La Cura, Shock In My Town, Strani Giorni, L'Animale, Cuccuruccucu, La Stagione Dell'Amore, Povera Patria, L'Oceano Di Silenzio, Stranizza D'Amuri e molti altri), ma non disdegna neppure qualche chicca un po' nascosta (come la già citata Haiku, o Il Cammino Interminabile, da Ferro Battuto), e un paio di cover: Amore Che Vieni Amore Che Vai di De André e Ruby Tuesday dei Rolling Stones, quest'ultima magicamente illuminata da una solitaria ed enorme stella cadente.
A metà concerto Battiato lascia il palco alle MAB, che si esibiscono in un loro brano rock (niente male, le girls), poi vi risale col sodale Manlio Sgalambro, gli cede il microfono e imbraccia la chitarra per dare vita a uno straordinario show nello show: due pezzi incredibili, cantati dal filosofo: il primo brano si intitola, se ben ricordo, L'Anima Dolente Di Nietzsche, con Sgalambro che espone la cartella clinica del celebre filosofo durante la sua degenza in manicomio (tipo: "non cammina più, striscia; beve la propria urina; si cosparge dei suoi escrementi; emette suoni sgradevoli") sopra un tappeto sonoro di mera cacofonica distorsione; il secondo brano racconta di una certa signora Brown, di milioni di stelle e galassie, concludendo più o meno così: "signora Brown spera che esista nell'Universo una mente intelligente, che quaggiù non c'è un cazzo di niente".

Insomma, un gran concerto, suonato e cantato come di consueto benissimo, partito piano con i pezzi più lenti, poi poco a poco sempre più caldo e infine irresistibile; tanto che verso la fine noi pezzentelli del bigliettino esondiamo, stransennando e invadendo la zona rossa dei Signori del Bigliettone, accalcandoci sotto al palco manco fossimo al Gods of Metal, scatenandoci in danze derviscie ascendenti all'Essenza. Anche l'atteggiamento di Battiato procede parallelamente all'andamento del concerto, e man mano diventa sempre più comunicativo e meno compassato. Unica piccola pecca, almeno per me, è la conclusione del primo bis col vezzo del solito medley (Bandiera Bianca / Sentimiento Nuevo / Segnali Di Vita / Le Aquile), ma per fortuna, siccome gli vogliamo bene, lo richiamiamo fuori a gran voce, permettendogli di riscattarsi con l'esecuzione (integrale) Prospettiva Nevskji e Centro Di Gravità Permanente.

Mille grazie e chapeau a Battiato. E un consiglio: chi abbia l'occasione di assistere a un suo concerto non se la faccia scappare.

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