Si fanno errori memorabili a volte. Capita persino di prestare un disco a una di quelle amiche che prima te lo chiedono, poi non lo ascoltano e infine partono per l'Irlanda e quando le rivedi tre anni dopo proprio non te la senti di richiederlo indietro. A un certo punto ti rassegni, non disperi solo perchè, volendo, lo puoi trovare in tutti in negozi. Ma non lo compri, ogni volta l'occhio lo vede ma la mano si ferma, stoppata da un orgoglio invisibile. Poi, ma sono passati almeno quindici anni, ti riscopri a cantarlo in una di quelle giornate che il cd dell'autoradio salta di continuo sei sul passo della Cisa e non hai voglia di ascoltare una qualsiasi insulsa radio commerciale. Alla prima occasione cedi. Lo riacquisisci. "Orizzonti Perduti" torna ad essere tuo.
È un disco particolare: otto pezzi, tutti molto brevi e sostanzialmente simili nella loro tipica struttura a strofa e ritornello esattamente ripetuti, sorretti unicamente da strumentazione elettronica. In copertina un Battiato pensoso riflette sul suo presente. È questa la chiave di volta dell'intero lavoro, una riflessione insolitamente concreta, materiale, dell'artista siciliano giunto a una svolta della propria vita. I testi sono pervasi da un realismo magico che si sovrappone all'algida precisione dei sintetizzatori. Il tema costante è il confronto tra una realtà metropolitana alienante, la Milano dove Battiato abitava ormai da molti anni e che meditava di lasciare, e la Sicilia, magica terra natale, meta da ritrovare.
Così in "Tramonto Occidentale" si parla di "passeggiate in Galleria" e di "bandiere fuori dalle macchine all'uscita dello stadio", mentre in "Zone Depresse" si intravedono "donne sotto i pergolati a chiacchierare", si parla della ormai scomparsa "idrolitina" e di uomini che vanno dal barbiere il sabato "per chiacchierare e a turno leggere il giornale". La successiva "Un'altra vita" mette a fuoco l'argomento in modo lapidario: non è più possibile trovare soluzioni nelle ideologie, nelle terapie nei tranquillanti, ci vuole "un'altra vita". Quella di "Mal d'Africa" forse, dove "dopopranzo si andava a riposare cullati dalle zanzariere e dai rumori di cucina" e si stava seduti per la strada in "pantaloncini e canottiera". Come è possibile ritornare a ciò in quest'epoca "di bassa fedeltà ed altissimo rumore" riflette Battiato in "La musica è stanca" filastrocca polemica sullo svilimento dell'arte dei suoni. Come è possibile in questa città dove la "Gente in progresso" "lavora per avere un mese all'anno di ferie"? Tornando, tornando a sud, a quando si marinava la scuola "correndo dietro alle farfalle" e agli altri atavici ricordi scampati alla maturità dell'uomo abbruttita dalla metropoli. Si chiude azzeccando la previsione.
Dopo pochi anni Battiato ritornerà a vivere alle pendici del suo vulcano. "Orizzonti Perduti" è un lavoro molto particolare nella sterminata discografia del suo autore. Se musicalmente ritroviamo splendide melodie ariose, fustigate da suoni inevitabilmente datati, nei testi le tematiche misticheggianti caratteristiche alla sua produzione vengono lasciate sullo sfondo. C'è la ricerca piuttosto di una mistica del quotidiano che procede per immagini concrete, corporee, tangibili; alla ricerca di una dimensione che rispetti le nostre esigenze anche fisiche, punto di partenza per raggiungere mete più alte.
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