Ciò che ci lega al silenzio è solo questa aria di festa.
Parigi, 15 agosto 1728: Marin Marais, il più grande violista del suo tempo, direttore d'orchestra permanente all'Académie Royale de Musique e violista di corte, muore in sontuose stanze e tra grandi onori, come s’addiceva ai tempi. François Couperin, grande al pari del celebre Marais ma rispetto a questi ben più modesto, compone alla sua memoria due suite per viola da gamba che racchiudono in sé un’ineffabile luce, di cui le parole non possono affatto render conto. Due viole ed un clavicembalo dialogano alla maniera d'un dormiveglia, lasciando che il tempo, invece di scorrere nel modo consueto, inceda nell’indicare un’aria tesa ed uno strano tramestio del cuore.
Un ricciolo intarsiato di legno d’abete sormontante la foggia d’una viola da gamba: cos’ha, mi chiedo, di tanto speciale? Eppure produce un suono che mai altrove troverete, per quanti continenti possiate avere l’ardire di traversare con l’orecchio teso. Un suono greve, nebuloso e nitido ad un tempo. Il clavicembalo poi, pizzica le corde invece di percuoterle. Invece di nascondere sotto al tappeto le dissonanze, le lascia risuonare indefinitamente.
In queste umbratili e labirintiche pieghe, ove l’armonia non è solo limpidezza ma gioco di disarmonie, vive la musica barocca.
Il fiume Yerres, seguendo lo stesso percorso diurno del sole, chissà da quanto si snoda sinuoso in mille pieghe per un centinaio di chilometri, tra boscaglie, campi di tonalità ora brune ora dorate, pascoli chiazzati, piccoli paesi e terre brulle, prima di mescolarsi fatalmente ed inesorabilmente alla Senna nella valle della Marna, presso Villeneuve-Saint-Georges, ove i battelli ora simili ora dissimili orlano di celeste e di grigio l’affluente del grande fiume parigino.
Nel suo tortuoso percorso verso Parigi lo Yerres bagna quell’angolo di mondo nel quale il troppo obliato Monsieur de Sainte-Colombe in perfetta solitudine ebbe modo di vedere coi propri occhi, perfezionando lo strumento, quel che dalla viola da gamba e da essa sola poteva scaturire: un tepore fiammeggiante di ricordo ed un mescolarsi amaro di vita e di morte. Il suo sfrontato allievo Marin Marais, che alla mancanza di profondità del maestro sopperì in levità, ebbe tutt’altra sorte. Una sorte di fortune e di grandezza.
D’altronde il destino del musicista è, come quello del fiume Yerres, un destino che porta inesorabilmente verso la capitale.
Chaumes-en-Brie era ed è un paese carezzato dalle pieghe di quell’affluente della Senna, come tanti, con tetti spioventi d’ardesia e muri di grigiazzurra pietra calcarea. A quel tempo, nei primi anni del secolo diciassettesimo, l’abbazia benedettina di Saint Pierre che del sette secoli faceva deviare per i campi il cammino dei viandanti doveva certo trovarsi ancora al suo posto tra le rade casupole acuminate e dimesse, quando Charles Couperin vi trovò alloggio ed occupazione come organista. Mezzo secolo passò poi sciabordando sinuoso, quasi a veder la morte del mercante ed organista di St. Pierre, finché non accadde che al clavicembalista del re di Francia Jacques Champion de Chambonnières capitò di visitare Chaumes-en-Brie per la festa di San Giacomo e lì di ascoltare una composizione dell’allora poco più che ventenne Louis Couperin, figlio del modesto musicista di paese. Louis seguì il musicista del re a Parigi e da quest’ultimo tanto lui quanto i suoi fratelli e le successive generazioni di Couperin appresero l’arte di sublimare il moto popolare della danza in accordo col battito del cuore, assecondando ciò che essa, nel suo cadenzato andamento, intarsia tra l’epiglottide e il diaframma.
Louis visse soltanto un decennio nella capitale, ben prima che suo nipote François Couperin Le Grand vedesse la luce nel 1668. Eppure un decennio bastò per comporre più di un centinaio di contrasti uditivi in forme di preludi, ciaccone, gighe e sarabande per clavicembalo. Nelle sue mani il barocco è come lo sviluppo interno d’una piega sonora, il rincorrere nell’infinitesimo la danza della vita. Ebbene, in questa stessa profonda e leggerissima danza sublimata e stagliata oltre il tempo, si ritrova l’ascoltatore dei Pièces de Viole avec la basse chifrée composte dal nipote François.
(ora conviene tacere)
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