C'è stato un tempo, tante ere geologiche fa, in cui certa critica cinematografica supponente emetteva giudizi spietati verso film che sembravano rientranti nella categoria di opere minori di grandi autori. Giudizi che , col senno di poi , appaiono ingenerosi nonché dimostrazione di solenni cantonate prese dai suddetti soloni della critica. Ecco qui un caso paradigmatico in tal senso come "Baci rubati" diretto da François Truffaut nel 1968, che fu bollato di essere un film non solo secondario, ma pure indicativo di un certo imborghesimento da parte di uno dei padri della Nouvelle vague. Una pellicola, quindi, che condivideva con tante altre coeve solo la data di realizzazione e distribuzione, senza però appartenere alla categoria dei film innovativi del ''68 e dintorni. E invece ..

La trama di "Baci rubati" è incentrata sulle nuove peripezie esistenziali di Antoine Doinel (interpretato dal grande attore Jean Pierre Leaud) già al centro di precedenti pellicole di Truffaut ("I 400 colpi" e "L' amore a vent'anni"), una sorta di suo alter ego di celluloide. Il protagonista è letteralmente per le strade di Parigi, dal momento che è stato congedato dall'esercito dopo tre anni infruttuosi di servizio volontario, a motivo di instabilità caratteriale e inaffidabilità operativa . L'ufficiale, che consegna il foglio di congedo a Doinel, non si perde in tanti giri di parole esprimendogli il sollievo per l'allontanamento dall'esercito, nelle cui file il giovane era entrato per scordare un amore finito. Oltretutto, a seguito di tale congedo, trovare un lavoro sarà impossibile nella pubblica amministrazione ed anche nelle grandi aziende. Forse Doinel dovrà accontentarsi di impieghi saltuari, magari come venditore ambulante di cravatte nelle vie centrali parigine (una prospettiva per niente attraente ) .

Ma non è da lui rassegnarsi e incontrati casualmente i genitori di Christine Darbon (sua antica fiamma) viene supportato nel trovare lavoro prima come portiere d'albergo, poi come apprendista detective in una nota agenzia investigativa. Ma per quanto Doinel si dimostri volonteroso, non riesce ad essere all'altezza dei compiti assegnati, tanto che si può anche insinuare il dubbio sulla sua adattabilita' alla sfera lavorativa. Truffaut ci presenta il giovane comunque sotto una luce di comprensione e simpatia, quasi a voler rimarcare il carattere sclerotico e rigido del mondo lavorativo, e non solo, in cui entrare a far parte. E finalmente il protagonista, verso l'epilogo della pellicola , incomincera' a sbarcare il lunario in qualità di addetto riparazione e manutenzione di apparecchi televisivi. E sarà per una richiesta galeotta di intervento tecnico che Doinel ritroverà la sempre desiderata Christine, con cui coronare i sogni d'amore . Inutile dire che il lieto fine romantico è alle viste, in ottemperanza a certa ottica benpensante...

Accennavo prima all'accoglienza fredda ricevuta ai suoi tempi da "Baci rubati", quasi si trattasse di un'opera disimpegnata legata a tematiche private, in controtendenza a tematiche privilegiate dal cinema di quel tempo. Eppure, quando il 5 febbraio 1968 iniziarono le riprese del film, Truffaut pensò bene in avvio di inquadrare il portone sbarrato della Cinemateque francaise recante l'avviso di prossima riapertura decisa dal Ministero della Cultura . Il riferimento del regista all'attualità è evidente, in quanto l'allora ministro della Cultura André Malraux aveva deciso di licenziare Henri Langlois, direttore della Cinemateque, per sostituirlo con persona più gradita all'allora governo gollista. Questa decisione aveva suscitato le vibrate proteste di molte persone del cinema francese, tanto che tutto questo aveva evidenziato un diffuso malessere della società verso il sistema vigente . Sarebbero poi seguiti i moti studenteschi del maggio 1968, come noto.

È pertanto azzeccato , da parte di Truffaut , darci un quadro di insieme dei tempi entro cui raccontare l'apprendistato alla vita di Antoine Doinel. Sulle note di un celebre e malinconico motivo di Charles Trenet ("Que reste-t-il de nos amours" risalente al 1942) il regista sembra rifarsi a quel cinema sentimentale francese degli anni 30 e 40 (il cosiddetto "cinema di papà ") per ricordarci il carattere caduco e fallace dell'età giovanile.

Proprio in un decennio come quello dei '60 in cui si invitava a far largo ai giovani e ad accantonare i matusa, in "Baci rubati " si pone in risalto non solo l' eterno conflitto fra generazioni , ma soprattutto la difficoltà ad essere inglobati dal sistema sociale vigente con le sue logiche stringenti. Vale sempre l'eterno dilemma per le giovani generazioni : provare a cambiare il mondo o finire con l'esserne assorbiti ? Antoine Doinel finirà inghiottito nella solita grigia routine fatta di pargoli da allevare, lavori per niente appaganti , bollette di acqua, luce e gas da pagare, in una sorta di condizione standardizzata tipo rigor mortis interiore . Destino che lo accomuna a tanti altri, anche tanti suoi coetanei che all'epoca frequentavano l'università della Sorbona di Parigi e scendevano in strada in sciopero permanente contro la società borghese . Allora erano protesi a fare il '68 in Francia e nel mondo intero, ma poi rientreranno inevitabilmente nei ranghi senza realizzare una rivoluzione secondo i dettami marxisti leninisti, ma incidendo semmai nel mutamento dei costumi e della mentalità della moderna società borghese

Non per nulla, quando "Baci rubati" uscì nelle sale cinematografiche francesi il 6 settembre 1968, la contestazione del maggio 1968 era terminata, il governo del generale De Gaulle era ancora in carica e quest'ultimo si dimetterà solo l'anno successivo, dando spazio al grigio delfino Georges Pompidou. Quindi, col senno di poi, si può ritenere "Baci rubati" un'opera intrisa non solo di un certo spirito di quel tempo, ma anche una specie di congedo sia da una stagione storica particolare , sia da un'età della vita irripetibile quale quella della giovinezza spensierata . E in quanto tale degna comunque di esser vissuta con tutte le sue ingenuità ed irruenze. Saranno poi il tempo e le circostanze esterne a mutare chi è stato giovane . E potrà benissimo capitare, come cantava Trenet in quel brano citato sopra, che ci si domandera' : "cosa resta dei nostri amori? Cosa resta di queste belle giornate? Una foto, una vecchia foto della mia giovinezza.."

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