Chi è Adele H. e perché intende mantenere l'anonimato? Cosa c'è di tanto scomodo nelle lettere che seguono quella consonante muta, che in questo caso più muta non si può? In fondo sono soltanto tre letterine, u - g - o . Hugo. E dunque si passa al quesito successivo. Quale convenienza si trae dal celare di essere la quinta figlia del più grande esponente del romanticismo francese, anzi, di più, di uno dei più grandi autori di sempre? Come accade con tante altre domande, non bastano poche righe per spiegarlo, forse neanche fiumi d'inchiostro. Serve un film.

E' il 1843 e la famiglia Hugo si trova sull'isola di Guernsey, a breve distanza dalla Normandia ma posta sotto il dominio della corona inglese, quando viene colpita da un grave lutto, la morte per annegamento a soli diciannove anni di Leopoldine, seconda figlia di Victor nonché tenace prosecutrice delle orme paterne. A restarne particolarmente sconvolta è la più piccola di casa, Adele. E' una ragazza fragile, romantica, facilmente impressionabile, la preda ideale per un viveur quale appunto Lieutenant Pinson (Bruce Robinson, "Romeo e Giulietta" - Zeffirelli), un ufficiale inglese. Potrebbe trattarsi della solita storia della "sedotta&abbandonata" ma la ragazza in questione non è una qualsiasi. Adele è fragile ma non debole, è romantica ma non vanesia, impressionabile ma non idiota. La sua passione la porta a seguire segretamente Pinson ad Halifax, nella Nuova Scozia, dove Adele usa lo pseudonimo di Miss Lewly. Preferisce non essere scoperta, non vuole destare clamore.

La ragazza tenta invano di persuadere l'ufficiale a sposarla ma lui respinge ogni suo tentativo. Adele lo spia, lo pedina, gli lascia biglietti d'amore e soprattutto scrive, instancabilmente. Lettere al padre, che cerca di convincerla a tornare a casa, tiene un tormentoso diario. D'un tratto i soldi cominciano a scarseggiare e Adele, per ottenerne altri e per troncare le continue richieste di ritorno della famiglia, comunica loro del suo matrimonio con Pinson, ovviamente inventato. La notizia giunge a Guernsey, si diffonde ad Halifax e giunge in caserma. Rovinosamente scoperta, Adele abbandona Halifax. Non riesce più a distinguere il reale dalla menzogna, è ormai impazzita e segue l'amato alle Barbados, sua nuova destinazione, dove assume il nome di Mrs Pinson. Vaga per le vie con vesti lacere, intontita e inespressiva. Soccorsa alla fine da un'indigena, verrà rimessa sulla strada di casa. Suo padre opterà per un manicomio, dove Adele rimarrà fino al giorno della sua morte.

I diari di Adele Hugo furono ritrovati nel 1955. I più se ne interessarono in virtù del cognome, ma non Truffaut che ne fece il soggetto per il suo quattordicesimo lungometraggio. Il regista francese dichiarò che poco o nulla era stato romanzato dell'intera vicenda, che deve quindi essere considerata come reale. Il ruolo di Adele viene affidato ad Isabelle Adjani che, a quanto pare, fu addirittura l'ispiratrice dell'opera. Con questo film lo scopo che il regista dichiarò di essersi prefissato era quello di restituire ad Adele la dignità storica e poetica che non le era mai stata concessa. Infatti, adombrata anche dopo la sua morte dalla figura di Leopoldine, cui il padre dedicò molti dei suoi scritti, Adele soffrì molto per la sua condizione familiare. La sofferenza della ragazza viene descritta in ogni minimo dettaglio, lasciando emergere un ritratto psicologico di insolita grandezza.

Ma Truffaut, per raggiungere questo scopo, mente. Adele aveva trentatrè anni quando fuggì per seguire l'ufficiale, non una ventina, e le missive da Halifax non le inviava al padre, ma al fratello. Alcune di queste lettere non sono mai state scritte da Adele ma da Truffaut stesso e il diario era scritto integralmente in codice. E allora perchè modificare dati così semplici? Perchè Truffaut non intende parlare di Adele ma della sua epicità, di quanto fosse intensa la sua figura e soprattutto intende parlare di abbandono. Truffaut legge fra le righe del diario di Adele per scoprire quanta angoscia può celarsi dietro la perdita di una sorella con la quale si è vissuti in empatia, per scandagliare il rapporto con un padre che non è come tanti altri. Adele amava suo padre e sentiva di non essere ricambiata allo stesso modo. E' a lui che Adele sente di dover rendere conto di ciò che sta accadendo ad Halifax e sa di dover mentire se non vuole deluderlo. Ma al centro della trama resta la storia d'amore.

Isabelle Adjani eterea e sensuale, penetrante e inaccessibile, si dimostra pienamente all'altezza di condurre un dramma "solista" e gestisce con disinvoltura la cinepresa puntata solo e sempre su di lei, sul suo bellissimo volto continuamente infranto da giochi di luce straordinari, in bilico fra ombra\follia e luce\amore. Guardare il corpo esile della Adjani soccombere lentamente alla polmonite prima e alla sofferenza per amore dopo, sembra quasi una rivincita per Adele, che dimostra quanto siano insensate certe parole, persino quelle di un grande scrittore quale Hugo, che ne "I miserabili" scriveva "L'anima aiuta il corpo e in certi momenti lo solleva. E' l'unico uccello che sostenga la gabbia".

Alcuni hanno intravisto nella vicenda di Adele una sorta di dibattito morale sulla condizione femminile, sulla libertà sentimentale della donna, ma sembra tutto pura dietrologia. La protagonista non è la donna, è Adele e il suo desiderio quanto mai attuale. Truffaut riesce ad accorpare in un'unica sceneggiatura (Alla quale collaborarono Jean Gruault e Su zanne Schiffman) la mentalità vittoriana dell'epoca, facile allo scalpore, e l'illustrazione di un dolore che non conosce tempo nè epoca, ma soprattutto si dimostra un abile narratore. Mai patetico, mai distaccato, affronta il dramma di Adele con sentita umanità e con la serietà che troppo di rado si concede ai folli, persino quando si rivolge ad un ipnotizzatore per apprendere la sua arte al fine di incantare Pinson. Descrive con assoluta eleganza le tappe di un calvario d'amore, ma pur sempre un calvario, violento e sublime, come la pazzia.

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