Sono al bar separato da una parete dalla sala concerti, ben deciso a saltare la band di supporto che qui di solito è una band tedesca che al massimo fa del buon manierismo. Qui ti servono i drink in bicchieri di vetro, di là in quelli di plastica, nei quali mi rifiuto di bere. Questione di buon gusto. Durante il secondo Gin Tonic –stanno iniziando più tardi del previsto- vengo però catturato da quel poco che i sente e corro di là.
Wow. Non ho fatto in tempo ad entrare che già sto saltando come un ragazzino. Sono in quattro allineati, pure il batterista, costretti nel poco spazio lasciato libero dal set up di Frank. Che pose! Mi vengono in mente i Manic Street Preachers, un Nicky Wire e un Rickey Jones. Le chitarre maltrattate e buttate qua e là. Siamo in presenza di qualcosa di superiore. Attitudine. La musica è piena di hooks che ti prendono, melodica ma sbilenca al punto giusto. Mi viene in mente "Hit" dei Wannadies. Sono i Serafin: Cantante/chitarrista, Ben Fox Smith, di Londra, il bassista neo zelandese, il chitarrista scozzese, o almeno questo sono riuscito a rubare ad una conversazione col cantante, non garantisco nulla. NME ora dice che hanno base a Bristol. Incredibili.
Per un attimo penso di andarmene, la serata non può diventare meglio di così. E poi Frank Black negli ultimi anni l’ ho visto più spesso di tanti amici. Fa un disco e un tour praticamente ogni anno. Ma non si può non volergli bene. Entra con le luci e senza musica di sottofondo, guarda in faccia il pubblico e alza la mano in segno di saluto. Come sempre. Questa volta si presenta in t-shirt nera, dopo che lo abbiamo visto suonare una volta pure in giacca e cravatta, sudatissimo, e l’ultima con un gilet di pelle nera, orribile. Lui sembra in forma, pure dimagrito e ha una bella band alle spalle, i chitarristi a turno si siedono alle lap steel guitars e Rich Gilbert a volte pure al piano. A tratti suonano entrambi delle SG rosse, un piacere per gli occhi e le orecchie, anche se con la perenne acustica di Frank, che lascia solo alla fine per una telecaster il suono a volte è troppo "pieno". Ma qualunque cosa faccia Frank va bene, non si discute. La quarta canzone è "Where Is My Mind", suonata senza l’introduzione acustica, quei due accordi che l’ annunciavano sempre e ogni volta ci si diceva "ma è...". Mi sforzo con tutta la voce che ho di cantare gli "yu –huu" a tempo. Urlo e salto, sono felice.
Da "Black Letter Days" suona "Cold Heart Of Stone", il country western col verso immortale,"if ever you need, don’t call". Suona Monkey Gone to Heaven, seguita da Velouria(!), Caribou, distribuite in maniera equilibrata fra le composizioni firmate Frank Black; l’ultima volta aveva fatto un blocco Pixies alla fine del set. Dall’ ultima uscita, "Show Me Your Tears" suona "Nadine", waitsiana, da ricollegare a "The Black Rider" fatta poco prima. In mezzo da qualche pare ha pure fatto "Nimrod’s Son": "you are the son of a motherfucker!". Sapevo cosa avrebbe suonato, l’ ho già visto molte volte ma il concerto è stato comunque eccellente. Excellent!
Sembra che i Pixies si riuniscano l’anno prossimo. Sinceramente a me basta lui, il capo-folletto. Spero di rivederlo ancora il prossimo anno e l’ anno prossimo ancora. Che diventi una tradizione.
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