Frank Darabont e Stephen King.
Due nomi che insieme funzionano alla grande: il buon Frank è stato uno dei pochi a riportare in modo efficacie le opere letterarie di King sul grande schermo, con i due film candidati all'oscar "Le ali della libertà" e "Il miglio verde". Ebbene, il buon Frank ci riprova con questo "The Mist" tratto dall'omonimo racconto (scritto nel 1976) dello scrittore del Maine e, diciamolo subito, è un altro centro. Non solamente il miglior horror della stagione (solo Cloverfield se la gioca alla pari), "The Mist" è uno degli horror più riusciti degli ultimi anni.
La trama è un contorno, un pretesto. Un piccolo centro lacustre del Maine, la mattina dopo una violenta tempesta, viene invaso da una spessa e sinistra coltre di nebbia scesa dalle montagne. Dave Drayton, sceso con suo figlio in città per acquistare materiale per riparare i danni subiti dalla sua casa, si ritroverà suo malgrado rinchiuso nel supermarket insieme a una nutrita schiera di suoi concittadini: nella nebbia si nasconde qualcosa di strano, e quando un uomo corre insanguinato dentro il locale si decide di rimanere chiusi dentro. Ma le creature lovecraftiane portate con sè dalla nebbia sono solamente un mezzo per indagare l'animo umano in condizioni estreme: la solidarietà iniziale che pervade il gruppo lascia ben presto spazio ad atteggiamenti egoistici, violenti e manipolatrici che rivelano vecchi rancori nascosti tra le persone del luogo e che, invetiabilmente, vengono a galla. Il microcosmo del supermarket è in un certo senso un piccolo specchio della società americana attuale: tra gente che mostra ancora certi valori (e in particolare spiccano i personaggi anziani), c'è la maestra elementare che tiene la pistola nella borsetta ("E' un'idea di mio marito..."), l'avvocato di successo (che rivela una certa paranoia nei confronti di Dave, suo vicino di casa, colpevole di aver vinto una causa contro di lui) e la fanatica religiosa, che avrà buon gioco nel formare nuovi proseliti grazie alla situazione irreale in cui il gruppo è coinvolto.
Il tutto funziona bene grazie alle buone (e in certi casi ottime) prestazioni degli attori, con personaggi ben definiti e ottimi dialoghi, da cui spunta qua e là anche un certo senso dello humor.
In un certo senso, "The Mist" funziona più come film "psicologico" che come horror vero e proprio, ma questo non inganni: sebbene un esordio dei mostri co-protagonisti del film non proprio convincente, effetti speciali qualche volta così così (ma in generale più che buoni, tranquilli) e una prima mezz'ora che stenta a decollare, dopo le cose cambiano vistosamente, e lo spettatore non può che rimanere coninvolto di fronte a una tensione che cresce in modo quasi insostenibile tra le vicende che coinvolgono i rapporti tra i sopravvissuti, ormai ridotti nei due gruppi (i "religiosi" e i non), e alcune sequenze di puro horror che incollano alla sedia.
Il film cambia totalmente nella seconda parte e fa emergere, sotto la sua estetica fanta-horror, anche temi delicati come la religione, il fanatismo la scienza e l'azione umana sulla Natura (vera causa, a quanto pare, della nebbia) che potrebbero affossare l'opera se trattati in maniera banale e superficiale, cosa che non accade ma anzi offre anche spunti più o meno interessanti. Il tutto viene poi sugellato da una parte finale capolavoro, scandita in modo magistrale dall'inquietante brano dei Dead Can Dance "The Host of Seraphim" (unico brano della praticamente assente colonna sonora), che offre alcune sequenze fra le più apocalittiche mai viste (assolutamente visionaria l'entrata in scena dell'enorme creatura sul finale) e infine una conclusione che probabilmente farà storcere il naso a molti per la sua crudeltà, ma mostra, in modo neanche sottile, il punto estremo in cui la differenza tra follia e razionalità viene meno permettendo all'uomo di compiere la più tragica (e incomprensibile, in altre situazioni) delle azioni, ed è molto semplicemente la ciliegina sulla torta per un grande film.
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