Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su rockol.it
Era un autarchico Francesco Di Gesù, in arte Frankie Hi-Nrg Mc, quando scelse la superficie scivolosa del rap italiano per muovere i primi passi nel mondo della musica. In oltre dieci anni di carriera molte prospettive possono cambiare, ma sullo stile non abbiate dubbi: Frankie continua indisturbato a fare "la sua cosa".
Purtroppo in questi anni il rapper di Torino si è concesso poco al suo pubblico ed Ero un autarchico è l'ultimo di tre album usciti a intervalli di 5/6 anni (Verba Manent è del '92, La Morte Dei Miracoli del '97). Se poi si pensa che appena metà delle 17 tracce presenti nel nuovo disco sono vere e proprie canzoni, è lecito interrogarsi sui motivi di tale "ristrettezza". E in effetti una risposta c'è: ne L'inutile, uno dei migliori pezzi dell'album, Frankie interviene sulla questione scagliandosi contro quei musicisti che "compongon solamente per gonfiare il minutaggio" e descrive provocatoriamente il suo lavoro come "una fregatura artistica dettata da una squallida esigenza merciologica". Insomma, il rapper punta sulla qualità tenendosi alla larga dalle logiche di mercato, che troppo spesso spingono gli artisti ad accelerare il processo creativo e a dar vita a prodotti mediocri. Il livello dei pezzi di quest'album resta invece sempre altissimo e, in Rap Lamento, il campione della sigla di 90° Minuto permette alla base di intrecciarsi magistralmente con un testo subito esplosivo.
Ovunque, la voce danza sui beat e sembra plasmare le parole a piacimento dando spessore e anima a ogni sillaba. La scelta degli argomenti è attenta e variegata e Frankie si riconferma acuto osservatore e intelligente interprete, sia dei grandi "mali" del nostro tempo, sia delle nostre piccole nevrosi quotidiane. L'analisi della nostra società è spietata e le parole, mai banali, rivelano un sincero tentativo di aprire le menti attraverso la musica (splendido e chiarissimo, a tal proposito, il ritornello di Generazione Di Mostri). Per l'intera durata del disco Frankie sembra concederci di inforcare i suoi occhialoni demodé, emblema ricercato del suo anticonformismo e filtro ideale per scrutare la realtà.
Anche dal punto di vista puramente musicale, l'artista piemontese percorre con decisione la propria strada, senza nulla concedere alle mode del momento e insistendo su basi semplici e dirette che rimandano volutamente a sonorità proprie del primissimo rap. Se c'è rammarico per tutti quei minuti dedicati a intermezzi di vario tipo (alcuni peraltro gustosi) è solo perché ci sarebbe piaciuto sentire qualche altra canzone. Frankie, però, ha preferito sperimentare una nuova concezione di disco, dove il messaggio (anzi, i messaggi) non nascono solo dai suoi brani, ma anche dalle parole di altri artisti (tra i quali Arnoldo Foà, Antonio Rezza), campionate e inserite tra una canzone e l'altra.
In poche parole... coinvolgente dall'inizio alla fine!
Volevo ringraziare tutti i complimenti che leggo nei vostri commenti (grazie alla quale trovo lo stimolo per continuare a migliorarmi!) GRAZIE DAVVERO! CIAO!
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