«La musica non limita le sue meravigliose manifestazioni a opere per le masse: va incontro alle più diverse necessità della nostra anima e le colma di tutte le impressioni di cui è capace. Non si farà sfuggire nessuno degli stati d'animo di noi stessi.»
(Franz Listz)
Franz Liszt è conosciuto soprattutto per un'altra opera di piano solo, vale a dire le "Rapsodie ungheresi", certamente una prova maiuscola del Maestro, ma questi "12 studi trascendentali" sono l'apogeo della tecnica e degli studi sull'espressività della tastiera operati da Liszt, profondo innovatore dello strumento.
Scrivere dei "12 Studi trascendentali" per pianoforte non è cosa facile se non si è musicisti e/o scrupolosi conoscitori di teoria musicale (cosa che io non sono, sono solo un modesto fruitore di musica), ma penso che una recensione su questa opera in questo (simpatico) sito ci possa stare. Ma torniamo all'opera; sicuramente, più "facile" risulta l'ascolto di questo magnifico lavoro del veemente e vigoroso pianista/compositore ungherese, oltreché direttore d'orchestra e organista. I "12 studi", nella loro versione definitiva, sono stati messi a punto nel 1851, ma i primi studi risalgono al 1826, quando Liszt aveva quindici anni(!).
Il primo studio "Preludio (do maggiore)" è un'impovvisazione molto breve, fulminante, in tutti i sensi, una sorta di riscaldamento per le mani e una introduzione per le orecchie a quello che si svilupperà nei rimanenti 11 brani.
Il secondo studio "Fuochi d'artificio (la minore)" inizia con una serie ritmica di note ribattute dove si sviluppano alcuni temi che ritornano in varianti all'interno del brano, il tutto è impetuoso e nervoso, un capriccio molto vicino alla poetica di Paganini, musicista molto amato da Liszt (che gli dedicò anche una serie di riletture pianistiche i "Grandes études de Paganini").
Il terzo studio "Paesaggio (fa maggiore)" è un motivo di stampo romantico, lirico e triste, emotivo e meditativo, molto vicino allo stile di Schubert, Liszt amava e ammirava il pianista viennese nonostante la loro poetica fosse molto differente.
Si arriva così al quarto studio "Mazeppa (re minore)" brano chiave di straordinaria modernità, molto difficoltoso, l'esecuzione richiede una tecnica pianistica fuori dal comune, all'ascolto risulta intensissimo e furente, a tratti lieve per giungere ad un passaggio con variazioni del tema più rilassato fino a chiudersi con un epico finale. Da questo brano Liszt scriverà successivamente l'omonimo poema sinfonico.
Il quinto studio "Fuochi fatui (si bemolle maggiore)" è un delizioso e leggero tema (ma anche qui le difficoltà di esecuzione sono estreme) ricco di arpeggi e cromatismi. È sì, un 'fuoco fatuo', ma di assoluta sensibilità poetica.
Il sesto studio "Visione (sol minore/sol maggiore)" è evocativo, grazie al vibrante arpeggio. L'inizio è cupo e drammatico, ma con il fluire del brano il tema si ripete in varianti diventando sempre più luminoso, passando da un sol minore ad un sol maggiore. Qui Liszt ci fa vedere la sua continua ed instancabile ricerca sulle possibilità espressive del pianoforte, mettendo così in luce la sua fantasiosa visione.
Il settimo studio "Eroica (mi bemolle maggiore)" un brano per "accumulo" nel tipico stile lisztiano. Fra tutti, a mio parere il meno riuscito, anche se comunque rimane una buona pagina.
L'ottavo studio "Caccia selvaggia (do minore)" invece è monumentale. Inizia fragoroso e dal ritmo stridente ed irregolare, poi i suoni sfumano verso una danza che richiama il pianismo di Chopin. Per aprire un terzo quadro dal sapore estatico, arrivando al finale che ripropone tutti i temi, da prima cupo e furioso, poi ritorna la melodia più incantata ma questa è via via sovrastata da un crescendo di burrascosi accordi.
Il nono studio "Ricordanza (la bemolle maggiore)" è uno dei brani più lunghi ed è dolce e leggero, ricchissimo di abbellimenti e di variazioni sul tema, anche questo di gusto chopiniano ("Notturni").
Il decimo studio "Appassionata (fa minore)" altra pagina di grande valore, oltre ad essere un brano che richiede una grandissima tecnica. È ancora Paganini a tornare negli sprezzanti e avventurosi virtuosismi sovrapposti alle frasi, ma ecco arrivare Il tema che è un dichiarato omaggio a Chopin. Il brano ha una elevato grado di intensità, cromaticamente variegato e dal finale palpitante.
L' undicesimo studio "Armonie della sera (re bemolle maggiore)" il più lungo della serie (10 minuti circa), inizia sospeso e meditativo introducendoci al primo tema, molto mistersioso. Si giunge così ad un secondo tema ricco di arpeggi, ma è una breve parentesi, perché si ripropone nuovamente il primo tema ma decisamente più energico, per poi arrivare ad un finale anch'esso arpeggiato di soave serenità.
Il dodicesimo studio "Spazzaneve (si bemolle minore)" è pagina mirabile ed incantevole. Non è solo un'immagine invernale (la neve che cade, il vento che spira) rappresentata in maniera davvero efficace, grazie ad un uso sapientissimo e calibrato del tremolo, ma è anche una visione di drammatica solitudine.
Si chiude così una delle opere per pianoforte più belle ed influenti della musica ottocentesca (e non solo). Liszt ha dato vita ad un pianismo di forte impronta orchestrale, di grande poesia abbinata ad una tecnica magistrale, e ancora oggi risulta modernissimo.
L'edizione che propongo è quella del grandissimo pianista lisztiano Georges Cziffra, anche se incisione vecchia e non priva di fruscio, a mio parere, rimane versione di riferimento da cui partire.
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