Incipit solenne, un po' drammatico, con colpi decisi e potenti, senza eccessive divagazioni. Poi scale a salire e a scendere, una rapida digressione fra le tonalità, un volo delicato sulla tastiera, e conclusione secca.
Poi melodia, dolce, lenta, che si prende il suo tempo, e non troppo complicata. Un tema che si ripeterà diverse volte per qualche minuto. La descrizione più delicata. Poi una marcetta leggera, ma ben definita, con conclusione sempre più decisa. Di nuovo la dolce melodia, di nuovo le conclusioni decise. Una divagazione per i meandri del piano, ma un ritorno quasi immediato al tema, che torna però con più sicurezza, come su una strada già ben asfaltata. L'atmosfera si fa un po' più cupa, meno gioiosa. Le dita si susseguono freneticamente, la sinistra detiene la base più pesante, mentre la destra delinea sveltamente un saggio ricamo.
Sono passati 14 minuti, magnificamente peraltro. Cambio di tema, un'altra marcia sui tasti bianchi, più veloce però. Di nuovo le scale a susseguirsi. Ma la marcia di prima... diventa insolitamente vitale, vibrante, ogni piccola nota ti dà un colpetto al cuore, poi su per la gola, poi agli occhi che si illuminano magicamente. La tua mente va nel delirio totale, un piacere immenso, non ti sentivi così da una vita! La conclusione è straziante, la dolcezza va perdendosi, nel sentire l'ultimo fatale accordo, e il sudore ti cade dalla tempia con pesantezza.
Ho appena descritto l'indescrivibile. Ho avuto l'onore, ormai tanti mesi fa, di assistere dal vivo all'esecuzione di questo brano per piano solo, da parte di Alexei Volodin, un giovane talento già famoso. Alla fine di quei 20 minuti ho fatto davvero fatica a trattenere le lacrime, da quanta era l'emozione dentro di me, il sentimento che quel pianista visibilmente provava e voleva trasmettere nell'eseguire un pezzo così. Una gioia enorme, appunto indescrivibile. L'ho riascoltato centinaia di volte, e l'emozione non accenna a diminuire ogni volta.
Liszt fa bene al cuore, ti lava via tutta quella musica accumulata che non ti serve, tutta quella lordura e quella banalità che solo la musica del nostro secolo ti può caricare sulle spalle.
Se non lo trovaste commovente, di certo vi servirà come chiaro esempio di come si adopera uno strumento quale il pianoforte, il più stupefacente di tutti, dalle potenzialità sconfinate e capace di lasciare a bocca aperta.
Accusatemi, schernitemi, fate quello che volete della mia recensione che di fatto non è tale, ma abbiate l'intelligenza necessaria per non lasciarvi scappare questo.
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