Un boato ruggente accoglie una nota fatta a caso, un "Hello" quasi intimidito e uno dei riff più famosi degli anni '70. Cosi comincia il graffiante e totalmente imperfetto "Free Live", disco datato 1971. L'idea di un disco dal vivo non nasce a scopo commerciale, ma assolutamente umanitario: sciogliere il gruppo avrebbe significato dare gas al lento declino del chitarrista Paul Kossoff, le cui dipendenze erano già ben salde nell'oblio della droga pesante. Solo per questo motivo dunque le due grandissime personalità del gruppo Rodgers e Fraser incisero ancora due dischi dopo la rottura che seguì l'uscita di Highway, il punto più basso della loro carriera dal punto di vista vendite. Le due teste calde avevano infatti già litigato parecchie e parecchie volte, e il songwriting insieme non riusciva più ricreare quella magia che aveva partorito tra le più belle e raffinate perle del gruppo.

Questo live lo si può considerare come una delle più belle raccolte dei Free, sicuramente da un punto di vista spontaneo. Molte infatti sono le raccolte che sono uscite negli anni, ma nessuna riesce veramente a rendere omaggio a questa grande band di hard blues, soprattutto perché la maggior parte dei pezzi sono stati re-mixati, perdendo quel senso di vintage che fa da alone mistico intorno ai dischi.

Una manciata di pezzi caratterizza "Free Live". Il disco, quasi a farlo apposta, apre con una delle peggiori interpretazioni della epica "All Right Now" della storia del gruppo. Kossoff è di sicuro sotto l'effetto di qualche sostanza poiché spesso il semplice ma geniale riff stona, gracchia e si assenta del tutto. Anche la voce di Paul Rodgers non è al massimo, e anche se la grinta non manca, il ragazzo ci ha abituato a molto meglio (vedere il live all'isola di Wight per credere).

Con gli altri brani i Free sembrano riprendersi, ripercorrendo i punti più alti della loro carriera, anche se in generale l'esecuzione risulta spesso un po' più lenta rispetto alle originali, soprattutto "I'm A Mover" e "Ride On A Pony"  e la cover "The Hunter" risultando meno aggressive. Una piccola perla è l'interpetazione di "Be My Friend", struggente e emotiva come non mai, resa perfettamente carica dalla voce di Paul che si riprende al massimo, roca e sensuale al punto giusto, e dall'intersezione perfetta fra diavoletto di Fraser e la semplicissima batteria di Simon Kirke. Insomma, rispetto alla traccia presente su Highway, questa versione è molto meglio.

In ripresa è anche Kossoff con "Mr. Big", dove l'assolo di chitarra è addirittura più lungo rispetto a quello del basso, il quale risulta abbastanza svogliato e buttato li a casaccio. Il disco chiude con una canzone inedita, "Get Where I Belong", un altro punto alto del disco: la chitarra acustica è una novità (sono poche infatti le canzoni acustiche dei Free), mentre un inchino speciale va a Fraser e a suo tocco magico alternato a coretti azzeccati, e a Paul Rodgers che nel finale azzarda qualche accordo di pianoforte. La canzone è dunque una piacevole sorpresa finale. Se volete dare un ascolto al disco, vi consiglio di procurarvi la versione contenente le bonus track, poiché altre canzoni vi sono presenti dell stesso concerto, quali "Woman", "WAlk In My Shadow", e "Trouble On Double Time" nonchè una versione più decente di "All Right Now".

Una nota finale va all'originale idea della copertina, un pacco diretto spedito all'ascoltatore, con le facce dei membri del gruppo sui francobolli: un'idea geniale... Spudoratamente copiata nello stesso anno dal gruppo prog italiano Raccomandata ricevuta Ritorno, ma qualcuno disse che imitare è ammettere di stimare qualcuno, quindi va bene così.

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