Freur è stato un quintetto britannico dedito alla musica pop elettronica, sulla scena dal 1983 al 1987 e accreditato di un paio di album, dopo di che intese di cambiare qualche elemento e di adottare il nuovo nome Underworld, tirando avanti con discreto successo fino ai giorni nostri, fra vicissitudini varie e cambi di stile, ondeggiando fra techno, drum&bass, rock un tantino più chitarristico eccetera.

L'esordio fu folgorante: quando nel 1983 si propagò nelle radio e per video il loro primo singolo "Doot Doot", fu immediata la sensazione di avere sul mercato una nuova importante realtà musicale, in grado di rivaleggiare con Depeche Mode, Japan, Talk Talk  ed altri capiscuola nel campo del pop elettronico orecchiabile di alta qualità. Invece l'exploit rimase ineguagliato, i successivi singoli, pur piacevoli, non riuscirono neanche a sfiorare il fascino del loro pezzo d'esordio. Ad esempio il secondo singolo "Runaway", pur corroborato ed ingentilito dal sax, è poca cosa, e così il terzo "Riders In The Night", malgrado gli efficaci cori.

"Doot Doot" (la canzone), posta subito all'inizio dell'opera, ha un che di irresistibile: suoni profondi, un arrangiamento brillante e molto dinamico, la voce cantilenante del frontman Karl Hyde dallo strano accento (proviene dal Galles), i tanti, incisivi sintetizzatori in azione (ben tre componenti del gruppo ci mettono le mani tra grilli elettronici, schiaffi di batteria Roland, tappeti avvolgenti e glissati sibilanti), il ritornello assolutamente "agganciante" e originale, con la voce di Hyde che si asciuga di colpo dei reverberi che aveva nella strofa e piomba in primo piano a declamare lo stravagante titolo del pezzo. Efficaci anche i ricchi cori ribattuti che rimbalzano da qua a là, nonché i tonfi di batteria acustica che lo stempiato, ottimo Bryn Burrows provvede a disseminare da un certo punto in poi, iniettando potenza nel notevole impianto melodico del brano. Insomma: è questa una vera e propria, imperdibile vetta della new wave commerciale del tempo.

Il resto del disco, non all'altezza dell'incipit come già detto, non è però nemmeno malaccio. I Freur intesero di sfruttarlo al massimo pubblicando come singoli altre quattro canzoni delle dieci presenti, non riuscendo però a rendere consistente il successo iniziale. Forse anche per il fatto che la formazione non presentava un potenziale sex-symbol da esibire nei video e sul palco, benché i cinque musicisti curassero estremamente la loro immagine vestendo, truccandosi e imparruccandosi secondo le stravaganti e vistose usanze del tempo.

Il secondo ed ultimo lavoro dei Freur, intitolato profeticamente "Get Us Out Of Here" ed uscito nel 1986, fu un mezzo buco nell'acqua, tanto che fu appunto presa la decisione di riciclarsi con altro nome, altra casa discografica ed altro genere, intanto che la musica commerciale era cambiata facendosi più ritmica e asciutta, meno romantica.

Una piccola curiosità: la denominazione del gruppo agli inizi era in realtà un semplice ghirigoro a forma di serpentello. Alla firma del loro contratto discografico, la CBS inglese pretese che adottassero un nome effettivo, ed essi trovarono il compromesso di associare al loro simbolo la parola "Freur", priva di specifico significato.

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