Persistono condizioni imperscrutabili nella complessa psiche umana che difficilmente trovano sillogismi imprigionabili nelle parole.
Condizione consapevole a chi?
Violenta e paranoica nelle visionarietà di S. Kubrick in Shining, apatica e dissacrante in Eraserhead di D. Lynch, psichedelica in qualche film di W. Herzog.
Fripp ed Eno, due menti imperscrutabili e complesse, lanciate in un progetto minimalista-ambient-Art Rock, ripreso vent'anni dopo la pubblicazioni di No Pussyfooting ed Evening Star.
In apparenti vincoli comunicativi, è il "non dire" in quel scetticismo comunicativo, a celare e soffocare l'immensa psiche umana? Ma ai meno ciò appare in modo avveniristico e trasognante.
E' il susseguirsi di quelle note, inizialmente tanto languide quanto eufoniche, pervase da un flebile scintillio, prefazione a intenti inintelligibili, pronte a brillare sul diamante pazzo della follia da cui rifrangere un dissenso ai limiti della paranoia, un divenire assordante e cacofonico penetrato in ambienti musicali inesauribili in cui le tracce trovano eco in un continuum esistenziale tra materia e trascendenza, anima e oblio.
"The Equatorial Stars" non solo un semplice progetto musicale, bensì una proiezione pandeista al cospetto di tutto e speculare sul niente, al cospetto del niente e speculare sulla verità.
La realizzazione di una verità dissacrante, atarassica, inesorabile e atea, che non ha nulla da dire, nulla da dare, pronta nella propria ciclicità irragionevole a trasformare.
Il dubbio, vinto dalle paure, il dubbio sbugiardato dai desideri, il dubbio celato dalla vita, ormai arranca estraniato in dimensioni e in parallelismi che non fanno per noi, ma imprescindibili da noi e dalla nostra essenza.
Una proiezione cosmica ed esistenziale, è quello che mi viene in mente, e poi scusate... chissà dove andremo a finire, in che luoghi.
In quali luoghi esiste davvero la paura? dove non c'è niente. Dove non esiste niente.
Un inerzia apatica, uno stato di quiete irrealizzabile che conduce alla pazzia.
Una proiezione verso le nostre paure, insite nel nostro karma, esistenziali, profonde a tal punto da poter essere solo espiate ...lentamente.
Paure che albergano nell'anima, non hanno odore, vuote, impalpabili, flebili, lontane ...apatiche.
Si fanno avanti nelle loro smanie politicamente corrette, ansie impellenti contenute ma pulsanti, sepolte e disconosciute da una condizione civica alienata e laica.
Il nulla, un vuoto paranoico che ti scaraventa verso la consapevole follia di una condizione irreversibile, molto di più della semplice morte, il nulla non ha coscienza, non ha immagine, il nulla non ha inizio, il nulla non ha fine.
Il nulla in tutta la propria apatia, criptica e insensata.
Volevate un lieto fine? Ma il lieto fine non c'è, perché tutto è ciclico, tutto si trasforma, tutto è infinito, non esiste l'inizio non esiste la fine ...che beffa!
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