I toni sono cupi: sembra di avanzare sotto un cielo coperto di pesanti nuvole scure dentro cui si riverberano gli echi di fulmini minacciosi. Devi trovare riparo perché il nubifragio sta per scoppiare da un momento all'altro; lo avverti costantemente nell'incoerente incedere di bassi e xilofono, in quel violino lacerante, nelle ripartenze dei tamburi. Suoni di corno da giorno del giudizio sembrano interrompere per pochi secondi l'aria di burrasca, per poi ripiombare l'atmosfera nell'inquietudine più totale.

“Aho! Ma che te stai a sentì?” dice il mio coinquilino aprendo di scatto la porta della mia stanza. Mi squadra a mo' di rimprovero. In effetti questo disco non è tra i miei soliti ascolti.

“Ma che so 'ste trombette.. fà 'na cosa, metti l'ultimo dei Pantegan, senti 'nt'è bbello!” mi dice, e ferma l'ascolto dei pòri Frogg Café. E vabbé, me li ascolterò dopo.

“La musica de Ben Hur se stava a ascoltà..” borbotta quello uscendo dalla stanza dopo avermi cambiato cd.

Devo aspettare a riprendere l'ascolto che il mio caro coinquilino esca, e fortunatamente questo avviene cinque minuti dopo. Al ché tolgo il suo cd (dura condividere l'appartamento con un metallaro..) e rimetto il mio. Cielo coperto e nuvoloni di tempesta, dicevo..

Previsioni del tempo a parte, quello sopra descritto è lo scenario che evoca l'ultimo album di una fusion band molto interessante: sono i Frogg Café, da New York, e questo loro “Bateless Edge” è un ascolto – a tratti – decisamente ostico. Come del resto testimoniato dal mio coinquilino.

Musica dai tratti epici da parte di un manipolo di devoti del culto di Zappa (hanno cominciato come cover band del grande Frank), le influenze sono numerose: la più pregnante – oltre quella del baffo – mi sembra provenire dalla Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin. Tuttavia nel calderone ce n'è talmente tanta di mescolanza che ogni etichettatura mai come in questo caso sarebbe insufficiente.

Se può dare un'idea, descriverei questo disco dalla durata fluviale come un'apocalisse di musica dissonante in cui jazz e progressive si compenetrano scambiandosi a vicenda gli stilemi.

“Terra Sancta” è l'inizio con arpeggi orientaleggianti, e l'incedere minaccioso che pervade tutta la traccia fa da contrappunto alla dedica di questo pezzo ai figli delle vittime dell'11/9.

La jam volutamente stonata di piano e chitarra che comincia al minuto 6.23 è un po' ardua da digerire ma in fin dei conti questo è il pezzo meno riuscito del lotto.

“Pasta Fazeuhl” già dal nome evoca i Magma, e anche se è possibile rinvenire tracce di Vander & co. il fantasma più presente che infesta questa traccia lunga ed oscura è quello dei King Crimson di “Lark's Tongue in Aspic”, con il violino dissonante a disegnare incoerenti spire di malinconia (provate ad ascoltare questo pezzo sdraiati nel buio della vostra stanza e a non farvi sorprendere dal bisogno di cercare l'interruttore della lampada sul comò).

La suite “Under Wuhu Son”, venti minuti articolati in tre pezzi, è molto varia e si apre con incantevoli fraseggi di chitarra, violino e clarinetto prima dell'entrata di flicorno e batteria pesante.

I toni molto evocativi della prima parte vanno a indurirsi nello strumentale centrale guidato da basso e chitarra distorta per poi concludersi nel jazz rock di “Brace against the Fall”, singolo ideale tanto è immediato rispetto al resto.

E' anche possibile godere di un'apertura melodica che si insinua come un timido raggio di sole: “From the Fence” è una lunga ballata che spezza la malinconia fin qui evocata con fiori e melodie dolci. A chiudere il disco un ritorno di tempesta: “Belgian Boogie Board” è un altro strumentale epico nell'intreccio di flicorni, xilofono e clarinetto che si stendono su cambi di tempo schizzati.

Ma ecco che rientra il mio coinquilino. "Ma ancora sto casino ti stai a ascoltà?" Ogni tentativo di convincerlo a un ascolto più attento è vano. "Allora sei te.."

Questa musica crea atmosfera, poco da fare: stordisce al primo ascolto, è vero, ma poi si fa ben seguire in mezzo alla burrasca. Checché ne pensino i fan dei Pantegan.

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