Va di moda dire che le Trans vanno di moda. Fanno schifo a tutti eppure tutti ci vanno: avvocati e muratori, sposati e divorziati, ricchi e poveri, cugini di campagna e formula3... Le Trans rappresentano una nuova frontiera, qualcosa di cui non sentivamo il bisogno; però funzionano, guadagnano, piacciono: non hanno niente di nuovo, non rappresentano una novità, è solo un mix ben riuscito di elementi che già conoscevamo -e piuttosto bene.

Il nuovo disco dei Fuck Buttons è come una trans di lusso: era la trasgressione che mancava ma che in fondo già c'era, una cosa sporca ma di classe, naturale e innaturale; l'alternativa cool a qualcosa che già andava bene, un alternativa che piace tanto, e non possiamo neanche fargliene una colpa, perchè la colpa è della società tutta, mica della trans.

E così, in un ambiente musicale capace di esaltare le composizioni aleatorie degli Animal Collective, i Fuck Buttons diventano il non-plus-ultra, la trasgressione a portata di mano, la sveltina dell'orecchio; tutto ciò grazie a un sound sporco, evocativo, tribale e moderno allo stesso tempo che supporta composizioni lunghe e inutili, l'una uguale a quell'altra dove tre note in croce di organetto distorto vogliono creare qualcosa che non c'è, che non serviva, che fa godere quegli istanti di quiete prima che riparta un'altra traccia sostanzialmente uguale, come se si fosse di fronte ad una novità, ad un viaggio mistico, in realtà non ci siamo smossi dal divano, nè fisicamente nè spiritualmente; non ti resta che alzare i piedi mentre tua moglie passa l'aspirapolvere e aspettare un'altro rendez-vous con Luana, col suo suono perfetto, ma finto, siliconato e alla lunga deviante, dalla confezione accattivante ma dal contenuto inesistente.

In poche parole: volete sentire un gran suono, un po' di novità? Sì, sparatevi l'harsh noise di questo disco, le distorsioni, gli effetti, gli arpeggiatori impazziti, le ritmiche polimorfiche e le sue atmosfere minimali, ma una, massimo due volte: toglietevi lo sfizio e poi tornate da vostra moglie, tornate ai manicaretti, alla musica fatta col cuore (che sia fatta con chitarre, synth, computer o forni a micronde), al talamo della creatività sincera.

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