Ancora dalle parti dei Fugazi.
Ancora, più che mai FVGAZI (così mi piace ricordare la band di Washington D.C.).
Come sempre intensità a mille, a partire dall'immagine di copertina catturata in uno dei loro formidabili concerti. Quel corpo smagrito di Guy che sembra librarsi nell'aria, urlando parole espressive e sofferte; mentre la retrostante sezione ritmica di Brendan e Joe garantisce quella spinta propulsiva così fisica ed esagerata. Ian appare defilato, composto; impegnato a tessere le sue trame di chitarra scarne, sempre al limite del feedback. Rumore, fragore, distorsione non più a mille, ma ben oltre!!
Tre brani registrati nella stessa sessione di "Repeater" nella lontana estate del 1989. Pubblicati a Dicembre dalla "Sup Pop" di Seattle ed un mese dopo dalla "Dischord". Siamo quindi nella prima fase della carriera della band, quella di maggior durezza.
Si decolla subito con la deflagrazione di "Song #1": chitarre, basso, batteria e quella doppia voce sparati in faccia. I Fugazi appunto, come è lecito attendersi. E' il regolare suono del basso di Joe a guidare la strumentale "Joe #1", mentre i colleghi lo accompagnano con i propri strumenti, a stento trattenuti, in un mid tempo cadenzato che d'improvviso cede il passo al minuto e mezzo esplosivo di "Break-In"; la band decide di mollare i freni per novanta secondi di pura adrenalina sonora. Una scarica elettrica dal micidiale impatto sonoro; esagerati, scorbutici ed obliqui.
Un'istituzione per me; un'istituzione della Musica, tutta.
Ad Maiora.
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