Quando, nel 2001, la Dischord diede alle stampe il settimo (si, 13 songs lo considero un album) lavoro dei Fugazi, loro non sapevano che sarebbe stato l'ultimo; o forse si. Fatto sta che noi di sicuro avremmo sperato che ce ne fosse un successivo, ed un altro ancora magari. Purtroppo così non è stato ed ora mi ritrovo a recensire l'ultimo disco della legendaria band di Washington DC, come sempre formata dalle due chitarre-voci Picciotto e MacKaye, dal bassista Lally e dal batterista Canty. In più c'è la collaborazione del fonico Busher alle percussioni o ad una batteria secondaria in alcuni pezzi.

L'album si apre con una intro di meno di un minuto che ci accompagna alla prima vera traccia "Cashout", pezzo calmo quanto basta che annuncia un uno-due da paura: "Full Disclosure" e "Epic Problem". La prima alterna una strofa cantata in modo straziante da Picciotto ad uno dei ritornelli più emozionanti e melodici di tutta la loro produzione, per arrivare all'assolo/interludio letterarmente da pelle d'oca. La seconda presenta stacchi tipici del gruppo e si conclude con una parte prima strumentale e poi cantata che probabilmente è uno dei punti più alti del disco. L'album rallenta e scende di tono nella parte centrale, degna di nota "The Kill" dove trova spazio Joe Lally alla voce. Arrivati alla fine dell'album troviamo altri capolavori: "Ex-spectator" riesce a creare un'atmosfera unica con le due chitarre che martellano durante il ritornello rendendo l'ascolto del brano una sfida a restare immobili mentre MacKaye si sgola per restare al passo dell'imponente sezione ritmica supportata dalle percussioni di Canty e del fonico Busher. "Nightshop" ci regala l'ultima canzone cantata dal falsetto di Picciotto con un interludio unico, tra chitarre pulite e distorte.

Probabilmente questo è l'album che farei ascoltare per primo a qualcuno che si vuole affacciare alla produzione dei Fugazi, è molto melodico e meno "difficile" di molti altri lavori, rimanendo però alla pari dei precedenti capolavori, senza una caduta di tono.

Arrivati alla fine dell'album ascoltiamo la title-track che meglio non poteva chiudere l'album, con un urlo strozzato di MacKaye che mette la parola fine ad una storia perfetta, iniziata da lui stesso che recitava "I'm a patient boy" accompagnato da tutti noi che urliamo "I wait" per 4 volte e arrivata all'epilogo con l'ennesimo capolavoro di una delle più grandi band della storia.

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