"Le favole dei filosofi pagani che hanno immaginato una natura esistente prima dell'atto creatore di dio sono falsi e mendaci...".
Tommaso in questo modo nel XIII secolo affermava o cercavca di affermare la supremzia della Chiesa su qualsiasi altra dottrina diffusa nel mondo allora conosciuto. Questo è da considerarsi il Medioevo per certi versi, un'età definita in seguito buia e "teocentrica", in cui avveniva la condanna più severa per ogni atto al di fuori dei canoni indicati dalle istituzioni ecclesiastiche. Anni in cui un solo piccolo lume di umanità veniva spento dal soffio di un entità superiore, divina.
I Funeral Mist oggi sono qui per cancellare ogni pensiero riguardo alla repressione ed alla dedizione religiosa che avveniva nei primi secoli dopo l'anno 1000. Sono qui per dirci che anche nel Medioevo blasfemia e violenza potevano esistere e svilupparsi nei più disparati modi. Per farlo la band formatasi nel 1998, contando su componenti sia dei Marduk, il cantante bassista Mortuus Arioch, sia dei Triumphator nel 2003 realizzò questo sensazionale album: "Salvation", dalla copertina esplicativa sul loro pensiero, ma non del tutto sul contenuto vero e puro dell'album.
Il significato di questo Black Metal è uno: morte, ma non semplice morte, bensì la morte nel buio, nell'oscurità di un epoca così lontana, ma allo stesso tempo recente, vicina. La furia delle sonorità mescola principalmente due stili fondamentali, quello Svedese e quello Norvegese, ma non è tutto qui, i Funeral Mist vanno oltre. Inseriscono nei brani nuove finezze, nuovi elementi, magari già proposti, ma non così efficaciemente. La base e il fondamento di questa "colonna" musicale sono principalmente una sete di violenza, una velocità talvolta mostruosa e riffs semplici, ma per nulla banali. Poi l'alternanza dei tempi usati, l'utilizzo di molte e diverse maniere di cantare infatti si passa da grida, urla a invocazioni e annunciazioni; il sound lugubre e la produzione molto ben realizzata che riescono a mantenere un senso di Caos e continua confusione (in senso positivo, NDA) sono invece lo stelo di questa colonna, lo sviluppo dell'album insieme ovviamente alle canzoni. Infine le vere raffinatezze: le atmosfere di secoli passati ricreate nei minimi particolari, di un tempo in cui l'oscurità e la paura regnavano incontrastati. Ed è qui che sta la loro blasfemia, se così vogliamo denominarla, sta nell'associazione di elementi religiosi come possono essere canti gregoriani e riti sacri con un modo di suonare completamente dissacrante, ma non lontanissimo da quelle ambientazioni così ben ricreate anche grazie a un sonoro veramente eccellente.
Allora qui qualcuno o forse più di qualcuno potrebbe legittimamente obbiettare: ma cosa c'è di così nuovo o strano in questo tipo di accostamento? Ma mi si lasci rispondere che tutto ciò viene eseguito con una maestria ed una delicatezza tali da renderlo così nuovo, mai sentito, è proprio questo il loro tocco "diabolicamente dolcissimo", un geniale parallelismo fra sacro e profano, fra caos e sacralità. Eccolo il capitello della colonna che è 'Salvation', un capitello corinzio, bellissimo nella sua armonia stravolta.
Si incomincia con "Agnus Dèi" che nella prima parte rievoca lamenti e grida soffuse, distanti che si intersecano con un suono di sottofondo basso e grave, poi la voce di Arioch pronuncia una frase anch'essa lontana intoducendo uno scream acutissimo, le chitarre partono con il loro girare vorticoso, sempre più rapidamente; il volume si alza improvvisamente fino a giungere ad uno stacco centrale lento e cadenzato, ma per poco: la loro intenzione è di passare a "Breathing Wounds" rompendo le barriere della velocità. Appena cinque secondi di un breve sottofondo e si riparte come ci si era lasciati, ma anche in questo caso non vi è monotonia nei tempi, coesistono al meglio riffs lenti e riffs rapidissimi con effetti devastanti per chiunque, ma l'ambiente rimane quello antico, sempre e dovunque. Ma ce n'è per tutte le tipologie, d'altronde il passato era questo, una mescolanza di elementi diversi a caratterizzarlo profondamente. Infatti la traccia più ipnotica nonchè assai malvagia è dietro l'angolo e si chiama "Holy Poison", a formarla sono suoni ripetuti all'infinito in ogni modo, in un circolo vizioso o virtuoso a seconda dell'argomentazione: se si parla della malvagità di questo Veleno Santo è vizioso, per tutto il resto la "virtus" tecnica dei musicisti affascina inverosimilmente.
Non manca ovviamente la frase centrale in latino che contiene sensazioni di messe e tonache da frate, peccato che poi parli di un certo Holy Poison, eppure nel suo contesto è perfettamente integrata con il resto della track.
Ma per ritrovare le vere e proprie tracce di Medioevo decantate bisogna attendere "Perdition's Hope" dalle premesse entusiasmanti; si rivela all'ascoltatore con il canto/lamento di un coro di persone che sembra avanzare trascinandosi a fatica: sono i riti di purificazione, fanatici che si frustano fino a levarsi brandelli di carne per il loro Credo e fanatici ancor di più sono coloro che costituiscono il corteo cantando nenie infinite. Suggestiva. Molto ben riuscita. "Perdition's Light" è il seguito, una song che a mio parere contiene uno dei migliori riff dell'intero Album, che è situato sia nel mezzo sia nel finale con i suoi sali e scendi che ci portano sempre più verso una luce di perdizione, una luce nera. Le campane finalmente, segno che siamo ancora vivi, ma per goderci "Across The Qliphoht" dalle campagne si accorre verso la piazza per la messa alla quale tutti partecipano, ma non sanno che un vento composto da ghiaccio e peccato li investirà non appena giunti a Qliphoht. Un canto gregoriano pacato e aulico, quanto perfetto e sacro conduce verso la falsa via del perdono, poichè in "Realm Of Plagues" può governare soltanto la peste e tutto ciò che essa comporta: morte e desolazione. I cambi vocali da scream acuti a un harsch grave e viceversa dimostrano qui di far parte del campionario dei Funeral Mist.
Ma la band non si ferma qua, perchè una delle due suite da 12 minuti l'una si avvicina fino a mostrarsi del tutto nel suo misto fra canto gregoriano sotto e furia divorante al di sopra, i quali si sposano in un rituale misto fa divina salvezza e infernale perdizione, senza mai annoiare ne ripetersi. In seguito a questa "Circle Of Eyes" che termina nel silenzio della più degna cattedrale duecentesca sopraggiunge "Bread To Stone" che invece è introdotta da una specie di mini colonna sonora angustiante per poi svilupparsi nel segno di tutto il disco e lasciare spazio alla conclusiva traccia "In Manus Tuas" altri dodici minuti per sosprendere. Un ultimo capolavoro per descrivere lugubri sensazioni di morte e farci cadere nel loro abisso oscuro, sempre più in basso fino a fermarci al fine di scontrarci con il finale beffa: una decadente musica di fiati e la voce di Arioch che mormora parole incomprensibili, ma che stranamente si intonano con il resto; termina il tutto un pianoforte, prima del silenzio definitivo.
I filosofi pagani hanno parlato tramite questa nuova blasfemia, ricordando ora di quando il loro pensiero veniva fatto tacere con qualsiasi metodo, gustando oggi la rivincita delle loro idee su ciò che aveva ucciso le loro. Si chiamano Funeral Mist e chiedono a loro modo la Salvezza, ma ognuno deve trovare la sua, all'Inferno o al Paradiso.
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