Uno spesso alone di drammaticità avvolge questo quarto (e forse ultimo) full lenght dei norvegesi Funeral e non è solo un riferimento puramente artistico visto il genere proposto, ma la constatazione di eventi reali nella vita di tutti i giorni che hanno definitivamente travolto i nostri prima e dopo la registrazione di questo notevolissimo "From the wounds": stiamo parlando dei decessi avvenuti nel 2002 e nel 2004 del allora bassista Einar Fredriksen e del chitarrista storico (presente anche nell'album in oggetto di recensione) Christian Loos.

Come potete facilmente cogliere queste tragedie hanno plasmato ed ulteriormente deviato le sonorità dei norvegesi, sulla scena da diverso tempo (primissimi anni '90, pensate che il loro primo Lp "Tragedies" è stato pubblicato nel 1995) e con all'attivo ben 7 uscite discografiche, che ci propongono un doom funereo (...e non potrebbe essere altrimenti) ma arioso, intelligente perché non esageratamente ossessivo o compresso, capace di evolversi lentamente in aperture melodiche a volte acustiche altre sinfoniche, il tutto sorretto da un drumming preciso e incisivo come neanche il migliore Doktor Avalanche e dalla potenza delle chitarre, che sanno essere ficcanti ed emozionanti anche nelle rare partiture solistiche.

Beh, che tipo di voce ci si potrebbe aspettare in un disco di funeral doom oltremodo sulfureo? Forse un growl mostruoso ed inespressivo (beh, siamo generosi, diciamo quantomeno monocorde), magari con una qualche clean vocals a stemperare il tutto, insomma qualcosa di attinente al genere in questione (vedasi Swallow the Sun, Thergothon, Ahab e "compagnia del destino avverso"). Bene scordatevelo, non vi è traccia di tutto ciò in "From these wound": il nuovo cantante Frode Frosmo, proveniente dai Minas Tirith (ehm..., deve avere una passione davvero sfegatata per "Il Signore degli anelli"), presenta voce sì profonda, ma risultando melodrammatico od evocativo senza mai ricorrere al growl: il nostro confeziona una prestazione davvero di spicco, che a volte ricorda qualcosa degli ultimi e folli Ulver, un cantato quasi in stile gregoriano mai banale o stancante, persino delicato e sempre perfettamente aderente al tessuto musicale su cui si staglia.

Per quanto riguarda le liriche, scritte dal buon Frodo e dal chitarrista Kjetil Ottersen, possiamo dire che la disperazione, la disillusione, il racconto ripetitivo delle ultime ore di un uomo che sa di dover morire (e forse qui le esperienze passate di cui parliamo all'inizio, hanno un naturale sfogo) sono di gran lunga i temi più trattati, spesso con notevole trasporto, e trovano l'apice espressivo nel testo della title track, nella quale la frase "Our psychopathic future is set, just learn to be tough" rende perfettamente l'idea dell'irreversibile condizione umana trattata lungo l'intero arco della song in questione.

Per quanto concerne il lato puramente tecnico, possiamo decisamente affermare che "From these wound" è un lavoro ottimamente prodotto e senza sbavature di sorta: il suono delle chitarre è potentissimo, profondo ma sempre perfettamente distinguibile, le parti più orchestrali sempre pertinenti e mai semplicemente riempitive ed il suono della batteria ricorda molto le drum machine dell'epopea dark/new wave fine anni '80, possedendo però una forza d'urto ad esse sconosciute.

Se avete voglia di immergervi in un lento, lungo (tutte le songs presentano una durata media superiore ai 7 minuti) e tristemente romantico viaggio, allora citare i singoli brani non avrà più senso, l'interezza dell'opera vi trascinerà in scenari drammatici ed evocativi, dovete solo chiudere gli occhi e lasciarvi portare in luoghi sconosciuti, che forse hanno un unico fattore in comune, l'Aldilà.

Buona introspezione.

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