“Don't Call Me Nigger, Whitey!”
Molti sono i live paradigmatici nel pantheon rock, quelli che fotografano perfettamente, a volte meglio degli album in studio, l’essenza di una band, cristallizzandone il ricordo per le generazioni future. Di esempi ce ne sono molti, grosso modo divisibili fra registrazioni ufficiali con tutti i crismi qualitativi, e registrazioni carbonare di gruppi seminali colti nel breve volgere della loro carriera. Ognuno di essi è spesso testimonianza perfetta di un momento topico, di una espressività che spesso non ritornerà su quei livelli.
Esiste poi una terza categoria, i live “perduti”. Fantomatiche registrazioni di cui si vocifera fra appassionati, e che spesso rimangono miraggi irraggiungibili se non vere e proprie leggende metropolitane. Immagino la faccia meravigliata del commesso del negozio Sugar Shack di Boston, quando, nel 1995, si ritrovò fra le mani questo nastro di cui nessuno sapeva niente. Eh sì perché scarsi se non nulli erano i documenti audio della prima incarnazione dei Funkadelic di George Clinton. Per coloro (spero pochi) che non sanno di chi parlo, ossia Clinton e la “Parliafunkadelicment thang”, un conciso riassunto.
George Clinton forma il primo nucleo dei Parliaments come gruppo doo wop nel 1955, uscendo alla ribalta soltanto 12 anni dopo, quando in piena Summer Of Love il singolo “(I Wanna) Testify” raggiunge la Top 5 della classifica R&B; nel contempo trasloca tutta la band a Detroit. Proprio a Detroit, durante un periodo di pausa forzata dei Parliaments per dispute contrattuali, gli stessi si trasformano nei Funkadelic. Quindi stessi musicisti o quasi, anche se era in studio che si manifestava la differenza musicale dei due progetti I Parliaments parlavano l’idioma soul e R&B declinato allo stile della concittadina Motown, mentre i Funkadelic erano la loro avanguardia, facevano flirtare il soul con la psichedelia, e le ruvidezze della Detroit di fine ’60. E avevano dalla loro forse il miglior chitarrista nero dopo Hendrix, Eddie Hazel. Fattore da non sottovalutare, e chiave di lettura tanto della musica quanto del vestiario dei nostri, l’essere stato da poco introdotto all’LSD da parte di Clinton, che non perse tempo a proselitizzare tutta la band. Senza molti giri di parole, per capire gli effetti sulla band basta guardare questa “sobria” apparizione televisiva.
Tornando a noi, volendo riassumere in una immagine questo strabordante live del 1972, potremmo definirlo un monolite nero a forma di grossa minchia afroamericana, come l’avrebbe potuta eternare una Cynthia “Plaster Caster” di Plutone.
Quasi 80 min. di estatica adorazione del fallo negroide, lavacro rituale tramite cui noi culi pallidi dovremmo mondarci dei nostri peccati nei confronti dei neri, partendo dalla schiavitù su fino al Mississippi e al furto del blues; l’unico modo (non doloroso) per adempiere a ciò, è proprio adorare il ricettacolo di questa negritudine, all’occasione rappresentato dalla sei corde di Hazel.
Dall’intro di “Alice In My Fantasies”, fino alla versione strumentale di “Free Your Mind And Your Ass Will Follow” posta come suggello finale, non un secondo di tempo viene perso in lungaggini fine a sé stesse (perché, seppur fondamentalmente un assolo di 15 minuti, “Maggot Brain” è uno dei migliori pezzi “in acido” di sempre), non una goccia di sudore della sezione ritmica è sprecata nel veicolare una funkitudine a cazzo duro, che fa il verso al padrino James Brown quanto al blues più sporcaccione (“I Call My Baby Pussycat”), fino ad una strana forma di gospel laico da comunità freak (“You Got A Thing…”), neanche per un attimo Clinton perde il controllo della situazione, quando urla disperato e negrissimo in “All Your Goodies Are Gone”, oppure quando accenna il famosissimo motto “More power to the pussy, more pussy to the power”.
Su tutti e tutto Hazel e la sua carica sexy e funk, vera incarnazione post mortem di Hendrix e sua possibile evoluzione, se lo stesso Hendrix invece che incontrare Miles Davis, si fosse imbattuto nel Dr. Funkestein.
Occhio quindi, culi pallidi; reperite il monolite con le buone o le cattive, o prima o poi lui troverà voi….
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