Per capire quanto è negletto questo gruppo basta pensare che neanche su Soulseek si riescono a trovare, nonostante l'enorme quantità di roba di ogni genere e forma musicale che tale programma ci ha ormai abituato a offrire.
Per la serie "ho tanta nostalgia degli anni '90", questo gruppo l'ho riscoperto spulciando qualche anno fa un vecchio numero di "Tutto" (ebbene si, quella schifezza li!) datato agosto 1996 ove i Furry Things erano citati in un trafiletto come una delle belle promesse interessanti del momento. Eppure invece hanno avuto una vita sfortunata (come gruppo) se dopo appena due album si sono sciolti e nessuno li cita più in un manuale, in retropolis, o qualche altra amena defiance dedicata al tempo che fu. Ma il disco in questione rimane una bomba, alla faccia degli "storici" distratti: prendete la scuola rumoristica Sonicyouttiana (e chi ne prescinde se vuol fare psichedelia nei '90??), e poi le eteree atmosfere dello Shoegazer, e unite il tutto alla propensione genetica (sono texani, è bene sottolinearlo) alla jam, più che altro al "perdersi" e al "perdere" la canzone, ove il blues è ormai una sommessa e scarnificata astrazione.
Insomma ciò che dei loro "padri" Red Crayola e 13th Floor Elevators non si può perdere se si vuole fare psichedelia in Texas. Nei brani strumentali riescono anche a suonare moderni, oltre alla meravigliosa sintesi già descritta, laddove tratteggiano surreali ritratti molto naif, laddove addirittura sfiorano il drone.
Eterei e concettuali ma mai freddi, anzi legati ad una tradizione che è un pretesto per non perdere mai di vista la fisicità della necessità comunicativa, ovvero il riff e la dionisiaca presenza della batteria, la voce che "fissa" la canzone prima del suoi evanescere, il basso che non si esime dalla funzione di ripetere una linea, i Furry Things rimangono una realtà che sarebbe davvero un peccato dimenticare: un piccolo gioiello nascosto della psichedelia anni '90, e forse anche di più.
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