" Non gli era venuto in mente fino allora di pensare alla letteratura come al miglior giocattolo che si fosse inventato per burlarsi della gente, (..)"

Insomma, ecco, credo di voler partire da qui.

Qui, proprio qui, mi pare di poter intravedere una sorta di, come si suol dire, chiave di lettura, dell'intero romanzo. Resta poi da vedere , se è proprio così, o se semplicemente sono io che vaneggio per dare un sostegno alle mie ( la dritta è di Pier Paolo a dire il vero) traballanti considerazioni precarie.

Mah. Più probabile la seconda, direi. Non me ne voglia Pier Paolo ( pace all'anima sua)..

Leggo, sul culo della mia copia del libro, la mai abbastanza nominata Quarta Di Copertina, che , a quanto pare, un consesso di critici molto autorevoli considera Cent'anni di solitudine il numero due della letteratura in lingua spagnola di tutti i tempi, dietro al Don Chisciotte.

Ecco, oltre a questa strana mania di stilare classifiche di ogni genere e sorta, come se si trattasse di competizioni sportive o , che ne so, valori nutrizionali, questa strana mania di voler quantificare la qualità, di certificarla con dei numeri che più alti sono meglio è, bè ecco, oltre a questo, c'è anche un'altra cosa che mi suona un po' così: io, devo dire, non conosco un granché bene la letteratura in lingua spagnola, però vedere che solo un libro tra tutti quelli che sono stati scritti in spagnolo è superiore a Cent'anni di solitudine, ecco, come dicevo prima, vedere questo, mi lascia un po' così.

Lungi dal dire che Marquez non sa quello che fa, infatti lo sa fin troppo bene, e forse qui ci starebbe bene un purtroppo. Mi dà l'idea, Marquez, di un tecnico, un esperto di artifici, di un letterato. E basta.

Uno che sa bene che corde toccare, dove andare a parare e come farlo, uno che vuole ottenere un certo responso emotivo, un certo consenso, e sa come fare.

A me piace il sangue.

Vabbuò, un tecnico, dicevo, e poco altro. O così sembra a me, perlomeno.

C'è molto cinema, in Cent'anni di solitudine, troppo cinema. Ci manca proprio il sangue.

A me il sangue piace.

Comunque, mi vien qui da dire , potrebbe essere una sorta di precursore di tanti best-seller pubblicati poi nei trenta-quarant'anni successivi, che sembrano scritti prevedendo già un adattamento cinematografico, che sono brutti.

Non è brutto, Cent'anni di solitudine, è semplicemente innocuo, e tutti i chili di rettorica che sevirebbero a intrattenere e emozionare rischiano di farlo diventare quasi apatico, questo libro.

Troppo cinema, dicevo. Cinema su carta, e non della miglior risma, no di certo.

Un prontuario di personaggi fossilizzati, delle funzioni, degli stereotipi, imbrigliati in superficie, troppo facili da rappresentare, e da comprendere.

Il realismo magico , caro, è questa roba qui, mi si dirà. Ma tant'è, non conosco a sufficienza l'ambiente per esserne sicuro, ma se davvero è così preferisco le favole della nonna.

Eppoi un una carrellata interminabile di frasi memorabili, emozionanti, rettoriche, fintamente originali e anti-convenzionali all'apparenza, roba brutta direi. O perlomeno brutta per me.

Ma forse esagero, forse in parte anche per colpa di Pier Paolo. Leggendo, notando più o meno queste cose, o immaginandomele come un visionario ( scusa Pier), non è che mi venisse da vomitare, provavo solo qualche fastidio, così, e poco altro. Tutto sommato ero intrattenuto.

Poi ho scoperto l'enorme importanza che pare questo particolare romanzo e questo particolare autore abbiano acquisito nel corso degli anni, e anzi già da subito considerati, il romanzo e l'autore, come imprescindibili nella letteratura del novecento..

Minchia, mi son detto.

Non che me ne freghi più di tanto o che c'entri molto con la mia vita, o esistenza , o sopravvivenza, ma minchia lo stesso.

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