C'è il sole, c'è il grano, tantissimo grano, un immenso mare di spighe giallo oro così intense da fare invidia alle pubblicità della pasta Barilla, certo è merito anche dell'occhio bionico della moderna tecnologia cinematografica, ma è un'artificiosa magia che lo spettatore concede a Salvatores, perché i colori dei nostri ricordi sono sempre come noi vogliamo che essi siano, e non come in realtà sono. E poi?!

E poi c'è una fessura che viene fuori dal sottosuolo, un buco nero che contrasta con il mare giallo sempre uguale a se stesso. Una lama che all'improvviso spunta dalla terra e fende di netto il mare giallo tutto uguale e contemporaneamente cambia per sempre pure la monotonia della vita di Michele.

E' questo l'incipit di 'Io non ho paura'. Una storia di bambini e adulti, di innocenza e malvagità, di amicizia e crudeltà, è il mondo dell'età prepuberale visto attraverso gli occhi del protagonista: Michele, vive la sua decima estate in un casolare sperduto in mezzo alla campagna pugliese degli anni 70. Durante una delle scorribande con i suoi amici, Michele scopre una buca, e all'interno della quale ci trova Filippo, uno strano bambino malconcio, quasi cieco e incatenato. Piano piano Michele fa amicizia con il suo cotaneo e cerca di liberarlo, ignorando che quei 'grandi' così cattivi che hanno nascosto quel bimbo in quel fosso siano proprio i suoi genitori in collaborazione con un misterioso 'uomo-nero' che viene dal nord.

Da un romanzo di Niccolò Ammaniti, Salvatores confeziona una pellicola che strizza l'occhio nella forma al neorealismo italiano, e nei contenuti allo Stephen King di 'Stand by me' (portato sullo schermo da Bob Reiner nel 1986), pur mantenendo sempre il tipico stile Salvatoriesiano.

Uno dei temi del film è la dimensione del fantastico di cui i bambini sono portatori per superare la paura e sopportare la verità e anche se il film è molto realistico nella realizzazione delle scene ci sono aperture al mondo delle fiabe proprio attraverso gli occhi dei bambini e attraverso le stesse fiabe un pò naif che Michele inventa per 'non avere paura' (nelle prime scene quando deve superare una prova di coraggio) e per quando non riesce a spiegarsi l'inspiegabile (il bambino nella buca è un suo gemello pazzo e malvagio che il padre non ha avuto il coraggio di uccidere).

E così Salvatores gioca con le contrapposizioni e gli inversi: la vita e la morte, ancora quel buco nero che inverte la sua funzione, da fossa mortuaria (Filippo crede di essere morto) a nuovo utero da cui rinascere per mano di Michele; Michele che comincia la sua involontaria (?) metamorfosi quando inciampa nel buco e finisce poi per prendere completamente il posto di Filippo, per morire al suo posto (quasi fisicamente) alla fine.

Un film sulla casualità degli incontri, sulla conseguente conoscenza, e sugli scambi infine, e così il regista gioca con gli opposti e gli inversi: Grano giallo - buco nero, bambino buono nero - bambino pazzo biondo, pugliese, milanese.

Un film a misura di bambino (ottime le riprese nel grano con la steady cam), raccontato da bambini (tutti perfetti i piccoli attori esordienti) che parla di storie di adulti dirette ad un pubblico di adulti.

Il lenzuolo bianco che si colora di storie altrui questa volta può essere veramente l'album di ricordi tutti gli ex bambini: 'io non ho paura' è ovviamente una 'formula magica' con la quale il giovane protagonista cerca di esorcizzare i timori nell'affrontare le sue piccole avventure ma forse, in fondo è anche una speranza, quella paura di diventare grande e di potere assomigliare a quegli adulti così cattivi.

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