Sullo sfondo bianco della locandina si staglia una gamba, avvolta nella fitta trama di un collant, un vertiginoso tacco a spillo si sporca in un rivolo di sangue, mentre le inconfondibili note del brano "impressioni di settembre" della PFM ci tendono timidamente la mano per accompagnarci verso l'ultima fatica cinematografica di Gabriele Salvatores.

Il film, tratto dall'omonimo libro, narra la storia di Giorgia Cantini, detective nell'agenzia investigativa del padre, costretta a rivivere e combattere i fantasmi del passato: un giorno, infatti, riceve da un amico alcune videocassette di sua sorella Ada (morta suicida sedici anni prima). Questo viaggio tra ricordi e segreti di famiglia sarà la sua indagine più difficile. Giorgia dovrà fare i conti con la figura di un padre incapace di ascoltare, perché divorato dal dolore e dal rimorso, stanco delle sue responsabilità di genitore. Sulla sua strada incontrerà, poi, due uomini: un commissario leale e un professore misterioso che nasconde uno scomodo segreto...

La storia si svolge a Bologna, che appare allo spettatore come un groviglio di strade pulsanti di vita propria, permeata di un'atmosfera dark e claustrofobica, oscura come i remoti angoli dell'animo umano. Salvatores si distacca notevolmente dal suo stile usuale, dimostrandosi un attento sperimentatore (il film, infatti, è girato interamente in digitale, con riprese singolari e audaci, tendenti all'estetica visiva ) e riesce a dar vita ad una vicenda tipica del genere noir.

Perfetta si rivela la caratterizzazione dei personaggi: la cantante Angela Baraldi interpreta magnificamente Giorgia, androgina detective metropolitana che vive sempre sul filo della quotidianità e della precarietà sentimentale; Ada si presenta come un personaggio cupo e malinconico ma solare allo stesso tempo,quasi come una presenza eterea ma immanente in ogni piccolo oggetto che la riguarda (prime tra tutte le videocassette); Luigi Maria Burruano interpreta il padre di Giorgia, una figura indubbiamente scomoda e dalle mille sfaccettature, incarnazione dell'incomunicabilità tra genitori e figli e talmente in bilico tra il dolore e la rabbia da suscitare nello spettatore sensazioni miste di compassione e fredda indifferenza. Ottima anche la scelta della colonna sonora (a cura di Ezio Bosso), che fa scivolare la pellicola lungo brani cupi e rarefatti che la accompagnano lungo il suo corso senza mai appesantirla.

Un discorso a parte meritano le numerose citazioni cinematografiche, disseminate in modo più o meno evidente nel corso del film: innanzi tutto il titolo ("Quo vadis,baby?" è infatti una celeberrima frase del capolavoro di Bertolucci, "Ultimo tango a Parigi") e poi tutta una lunga serie di ammiccamenti a pellicole celebri tra le quali il già citato "Ultimo tango..", "M, il mostro di Dusseldorf" di Lang, "Jules e Jim", ecc .Tutto ciò contribuisce a creare una sorta di trait d'union tra il cinema del passato e quello del presente, ma soprattutto suscita nello spettatore la particolare sensazione di osservare "un film nel film". Anche i personaggi di Salvatores sembrano imprigionati a loro volta in una videocassetta, spettatori impotenti di una vicenda di cui si conosce già l'epilogo. In definitiva, ci troviamo di fronte ad un film estremamente potente dal punto di vista emotivo ed estetico, con uno stile assolutamente particolare e capace di coinvolgere a 360 gradi. "Quo vadis, baby?" è un film sul fascino del cinema, sui sogni di ognuno di noi,sulle difficoltà che ce ne ostacolano la realizzazione, sul falso perbenismo della società, ma soprattutto, è un film sull'ambiguità e sulla menzogna: perché, come recita anche la locandina, "la verità è una bugia che non è ancora stata svelata"......

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