Premessa: prima di continuare la lettura di questa recensione sia chiaro che l’autore l’ha scritta per quelli che sono dotati di mente molto aperta. Se da piccoli vi siete fissati come dei punti di sutura ad un solo genere musicale (metal o no) potete fermarvi al punto che vedete qui di fianco.
Ora facciamo finta che la recensione inizi dalla prossima riga.

Gackt M. S. Camui è considerato un’icona del j-pop (dove j sta per japanese), un genere particolare, che “alla rozza” si può definire come un pop-rock con effetti sintetici particolari, e con influenze funk e pop europeo anni ’80; rispetto al pop-rock normale si distingue inoltre per la tecnica vocale (più morbida, meno impegnativa per le corde), per la massiccia presenza di assoli di chitarra e per la struttura dei pentagrammi spesso complessissima; l’esempio più noto può essere considerato quello dei "L'Arc~en~Ciel", autori tra l’altro di una delle canzoni della colonna sonora del manga “Inuyasha”, e di un’altra presente nella OST di “Great Teacher Onizuka”. Degni di nota inoltre Tokuyama Hidenori e i Gazette.

Tuttavia in questo cd singolo ben poco appare del j-pop, e anzi è possibile ricondurlo al nu-metal, con differenze praticamente insignificanti. Tra queste va citata la tecnica vocale, che è ancora la stessa del j-pop, e che comunque non sfigura affatto su quest toni più aggressivi. Altra caratteristica particolare rispetto ad altro nu-metal, o meglio, ad altro metal in generale, è il fatto che Gackt è da solo, nel senso che da solo armeggia con tutti gli strumenti: nel caso chitarra elettrica, basso, batteria, tastiera e sintetizzatore. E nell’uso di ognuno di questi strumenti dimostra finissima tecnica, da far impallidire molta gente che il metal lo fa da anni e che ne è magari diventato esempio tipico.

Ma è il momento di parlare nel dettaglio di questo interessante lavoro. Molto corto come si conviene a un singolo: solo 4 tracce e poco più di 20 minuti. "Redemption" è l’apripista oltre che “l’oggetto” del singolo: una canzone cupa e aggressiva, cantata per lo più in giapponese, e l’inglese che figura sotto forma di rap, con voce alterata al sintetizzatore e in cui figurano ampie parti di solo sintetizzatore e numerosi scratch. Sembra quasi di parlare di “Runaway” dei Linkin Park (giapponese a parte ovviamente), ma solo ascoltandola ci si accorge che è ben diversa. "Longing" la segue: ancora una volta il cantato è per lo più in giapponese (senza rap stavolta), ma qui la chitarra elettrica è più “invadente”, anche nelle zone in cui il sintetizzatore predomina; si distingue inoltre dalla titletrack per un passaggio di sapore medioevale (a tratti gotico), realizzato con la grancassa e con la tastiera che emula l’organo; come finale un lungo scratch. Le altre due tracce sono le versioni strumentali delle prime due.

In questo quadro positivo qualcosa stona: il giapponese come lingua predominante. Assolutamente comprensibile, dato il fatto che è un prodotto indirizzato per lo più ai giapponesi; certo è che non è proprio la lingua più musicale tra quelle esistenti. Basti pensare al modo in cui è sistemato il testo nelle canzoni, cioè in maniera caotica, facendo ricorso a numerosi tagli di sillaba o all’accelerazione della pronuncia delle sillabe stesse. Il rap in inglese di Redemption è proprio una redenzione in questo senso. Ma tutto sommato questo è proprio cercare il pelo nell’uovo, perchè il risultato complessivo è ottimo.

Carico i commenti...  con calma