"Un lungo cammino inizia sempre con un piccolo passo".

Il cammino della Banda dei Quattro non comincia con un piccolo passo; a dirla tutta, neanche con un passo. Comincia con qualcosa di più duro, di molto più duro, violento, sanguinario se si vuole. Un calcio nei coglioni ben assestato, uno schiaffo in pieno volto, di quelli cocenti, di quelli che rimangono. Una bottiglia incendiaria nei giardini del potere, un'azione a mano armata, un attentato, un colpo di Stato. Una rivoluzione. E la rivoluzione "non è un pranzo di gala, non è un ricevimento, non è un qualcosa che si può fare con eleganza o delicatezza: la rivoluzione è un atto di violenza". Il potere, diceva sì il Grande Timoniere, esce sempre dalla canna di un fucile, ma può uscire anche da un amplificatore, può prendere forma sul manico di una chitarra, sui tamburi di una batteria. Tra i solchi di un disco di neanche 40 minuti, i 40 minuti più taglienti e radicali che abbia mai ascoltato.

Metallo grezzo, fuoco e fiamme, sudore sangue e antracite: questo è "Entertainment!". L'anthem per eccellenza della New Left e della working class, in musica l'anello mancante fra Hendrix e "Remain In Light", uno dei capisaldi di tutta la "nuova ondata" britannica; anarchia...? Morte alla regina...? Andate a letto, bambini... questa è roba per adulti. Questa non è rabbia confusa, questo non è semplice sfogo per adolecenti, qui le idee sono chiare - fin troppo chiare. Le parole non sono accessori, le parole sono macigni. Al vetriolo. A metà fra concreto e visionario, le visioni di uno Yorkshire selvaggio e urbanizzato, che non è quello di "Cime Tempestose", dove tutto è meccanico e niente è naturale - si chiama alienazione, tecnicamente. Mettendoci dentro l'Irlanda del Nord, la guerriglia degli Stati-banana, la mercificazione del corpo al servizio dell'edonismo di palazzo. Un trattato di filosofia politica, né più né meno. Un contratto sociale. Al ritmo di un Funk inesorabile, ispido, che dire "minimale" - come in effetti lo diranno - è dire fin troppo poco. Perché non dice del basso trapanante del compagno Dave Allen, e non dice della solforica malata straniante chitarra del compagno Andy Gill. Ma chi se ne infischia. La bomba è stata sganciata, ormai, piaccia o non piaccia. E chi poteva e potrà disinnescarla?  

E quella copertina rossa, quel cowboy e quell'indiano...? Fin troppo chiara da apparire un manifesto. Un manifesto dentro un manifesto, tanto che non serve aggiungere altro. Tanto che quando ascoltai questo disco per la prima volta, per la prima volta dubitai dell'esistenza dell'"arte per l'arte" di cui a scuola mi avevano (sommariamente) parlato.     

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