Esistono oggi centinaia di antologie musicali che si occupano di rock primordiale, in pochi anni sono stati riesumati grandi quantità di 45 giri persi nella polvere del tempo e creduti persi per sempre. Come il titolo suggerisce il periodo preso in questione è quello fra la metà e la fine degli anni sessanta, con una particolare attenzione rivolta al 1966, anno di massimo splendore per il garage rock americano. Nel 1964 la British Invasion di Yardbirds, Them, Animals, Kinks, Beatles e Rolling Stones aveva contagiato il mondo intero e di conseguenza miriadi di giovani adolescenti formavano la propria band amatoriale.
Per ironia della sorte proprio gli Stati Uniti, che pochi anni prima avevano inventato il rock and roll, passavano da maestri inconsapevoli a dilettanti emulatori di quel fenomeno inglese chiamato beat. Ovviamente la maggior parte degli americani non possedeva la preparazione tecnica e quel tocco raffinato tipicamente britannico così il risultato fu in parte differente, miriadi di college band provenienti da tutti gli stati dell'unione dopo aver strimpellato per mesi e mesi nei garage sotto casa le novità e i classici della nuova musica, in modo rude, ruspante, selvaggio e rumoroso con l'attitudine dei teppisti da strada, esordirono su vinile. Ben presto tutto il paese fu sommerso da valanghe di 45 giri, parte di questi gruppetti riuscirono a realizzare i propri sogni, fama, denaro, divertimento e ragazze, molti invece si fermarono ad uno o due singoli, altri addirittura non riuscirono a pubblicare nulla. Da qui ha origine la musica garage un genere che durò per un brevissimo periodo dato che venne presto eclissato e dimenticato dal più ben noto fenomeno hippy.
Fra i migliori esperti di archeologia rock, Lenny Kaye e Greg Shaw furono senz'altro i più tenaci nel riportare a galla una realtà musicale così affascinante, eccitante e seminale, con la loro prima raccolta garage chiamata Nuggets (1973) e la successiva espansione a cofanetto da 4 cd che rimane la più completa e rappresentativa antologia presente sul mercato, la bibbia del garage rock. Dopo questa geniale intuizione commerciale le conseguenze furono ovvie: centinaia di repliche più o meno interessanti fra le quali si distinguono Back From The Grave, Pebbles, Rubble con copioso numero di volumi annessi, prezzi esorbitanti, tracklist simili e cosi via.
Garage Beat '66 è una delle compilation più recenti, esordisce nel 2004 in tre cd più altri due usciti successivamente nel luglio del 2005 sotto l'americana Sundazed, una delle migliori etichette specializzate in ristampe sixties. Questi primi tre capitoli rivelano subito al primo ascolto un grande pregio, la superba qualità delle registrazioni e per quanto riguarda i difetti, la consueta presenza di brani già presenti in precedenti raccolte. Il primo cd sottotitolato "Like What, Me Worry?!" è un delizioso mix di brani di garage blues aggressivo e canzoni più beat oriented con ritornelli accattivanti che non per questo scadono in delle mielose nenie datate, anzi spesse volte hanno un sapore agrodolce e risultano comunque più sporche e rozze del luccicante pop inglese. Nella stessa lunghezza d'onda viaggiano gli altri due episodi, uno intitolato "Chicks Are For Kids" e l'altro "Feeling Zero..." con copertine molto ben curate e con dettagli precisi e completi su queste oscure band americane.
Questi tre volumi comprendono complessivamente 60 canzoni, fra le migliori vorrei citare l'ambigua e incalzante "Sweetgina" (1966) dei Things To Come, definiti come gli anticipatori dei Love e dei Doors anche se in realtà la loro attitudine ricorda molto gli Stones più grezzi, i magnifici The Litter di Minneapolis con la loro "Whatcha Gonna Do About It?" (1967) uno fra i più cattivi e distorti gruppi garage punk di sempre, i rozzi e malati The Third Bardo di New York con il pezzo "Lose Your Mind" (1967), gli esaltanti Spiders provenienti dall'Arizona con "Don't Blow Your Mind" (1966) un saggio di lercio fuzz sound per l'uomo di neanderthal, il garage-beat horror dei texani Neal Ford & The Fanatics con "Shame On You" (1967), il beat suggestivo bagnato di melodia Byrds dei The Best Things con "Chicks Are For Kids" (1967), il soul feroce e sgraziato di John Hammond con "I Wish You Would"(1966) i The Remains, i The Purple Underground, i The Preachers, gli Ugly Ducklings, gli Sparkles, i The Fe-Fi-Four Plus 2, gli Olivers e molti altri, rappresentano forse l'ala più dura di questo genere, ma la lista potrebbe continuare.
Un'antologia quindi degna di tutto rispetto, ottima musica per tutti gli amanti degli anni sessanta e non solo, grande varietà di stili, dal pop più tranquillo e melodico al rock più selvaggio e depravato. Vorrei finire l'argomento consigliando questa raccolta agli appassionati completisti del genere, dato che come ho accennato prima, questi feticci musicali costano una fortuna e i brani non sono tutti degni di tale spesa (alcuni potevano rimanere tranquillamente nello scantinato a fare muffa). Per chi invece desidera spendere i soldi bene e portarsi a casa un prodotto di qualità, il primo box di Nuggets è perfetto, se poi la fame di garage 60 non si è ancora placata, consiglio qualche volume di Pebbles, di Back From The Grave e quei pochi dischi completi venuti alla luce in quel periodo.
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