Quando si parla dei Garbage e di cosa essi abbiano rappresentato negli anni 90 mi viene un po' d'invidia e di nostalgia: non aver vissuti quegli anni, musicalmente parlando, troppo piccolo per ascoltare le camaleontiche innovazioni del pop-rock, delle contaminazioni elettroniche lasciate dagli anni 80, gli anni del sound sporco e graffiato memore dei più importanti movimenti grunge e post rock, la nascita di nuove icone, popstar affermate, il brit pop, l'indie nascente, gli ultimi echi del dream pop e dello shoegaze, l'ambient, il trip-hop e ancora tanto altro.... ecco sono solo uno dei tanti motivi per cui a dieci anni oltre i giochi, la scuola, gli amici e la spensieratezza, avrei voluto essere attivamente sensibile verso queste sonorità molto interessanti.
Non posso raccontare di come i Garbage, nel loro piccolo, abbiano preso posto nelle classifiche di mezzo mondo con il loro modo furbo e anticipatore di mescolare elementi già sapientemente conditi nel passato e donargli quella venatura un po' chic e un po' paracula, con inni innocenti e brani che ti riempivano il cervello. Io li ho conosciuti più tardi, quando dovevano essere una band affermata, quando con la loro incessata voglia di sperimentare e reinventare le sonorità più pop pubblicavano il loro disco più insolito dei precedenti, Beautifulgarbage, una sorta di rottura con l'abuso delle sonorità elettroniche con i quali si erano fatti conoscere.
Ma questo era 11 anni fa. Dopo un altro album, un raccolta e un silenzio durato 7 anni nei quali ognuno dei membri ha continuato con le proprie attività, tentato carriere soliste, continuato a produrre band e così via, ritornano sulle scene acclamati ma allo stesso tempo sconosciuti. Qualcuno ha affermato che il produttore Butch Vig avesse atteso il decennale di "Nevermind" per poter rimettere in piedi il suo giochino di plastica preferito e che la Manson, dopo aver accettato il rifiuto di veder pubblicato un suo probabile album solista, si siano dati da fare per ritornare in vita come un tempo e forse anche di più. I più cattivelli dicono che per loro sia stato semplice abbandonare le major e creare una propria etichetta indipendente (la Stunvolume) per sentirsi liberi da imposizioni contrattuali. Altri pensavano che avessero osato di più ora più che mai fuori dagli schemi commerciali di vendite. Altri ancora per cui questo ritorno era quasi inutile: il loro sound è stato scopiazzato da molte altre sonorità ben più interessanti.
E veniamo al dunque. Sette anni da quel lontano "Bleed like me" li ritroviamo più in forma che mai e pare che il silenzio sia giovato, la band è fresca e con una decente pubblicità torna a far parlare di se. Personalmente (e parlo da fan di questa band) non sapevo cosa aspettarmi. Ho sempre sospettato che non potevano allontanarsi dal quel marchio che si erano creati addosso (in fondo sono i Garbage!), speravo, però, in qualcosa di più. Cosa, non lo so ancora. L'ascolto del primo singolo "Blood For Poppies" mi aveva lasciato un po' perplesso. E se avessi dovuto dare un giudizio dopo il primo ascolto all'intero album lo avrei stroncato in malo modo. "Not Your Kind Of People" si presenta come un album che supera le incertezze delle due ultime produzioni, allo stesso tempo ci regala i vecchi e i nuovi Garbage. Dopo l'intro un po' "truzzo" dance e poco digeribile di "Automatic Systematic Habit", passando per "Big Bright World" e arrivando fino alla già citata "Blood For Poppies" incontriamo quel misto di suoni innovativi e scontati che caratterizzano la band. Se dobbiamo fare un paragone con i loro precedenti album possiamo tentare di dire che i Garbage degli esordi e di Version 2.0 possiamo ascoltarli in "Control", "Felt", "Sugar" e forse anche "I Hate Love" su una base dove non si può far a meno di pensare all'est europeo e che i più hanno pensato potesse far gola alle nuove "regine" del pop. La title track rieccheggia molti spunti del loro terzo lavoro in una nostalgica nenia; "Man On A Wire" poteva rientrare nella tracklist di "Bleed like me". Buoni anche gli altri episodi che tra ritmi più rockeggianti ("Battle In Me") e momenti melodici ("Beloved Freak") chiudono la prima parte dell'album.
I brani contenuti nella deluxe edition, mostrano dei Garbage più introversi e minimalisti. Se tra tutti primeggia "The One" su una base sincopata e martellante, l'oscura "Bright Tonight" rientra nella melodia più dolce senza esagerare, lasciando spazio alle più interessanti "What Girls Are Made Of" e "Show Me" che tra elettronica sporca e un sound che abbraccia quasi l'eco del simil-country senza rinunciare alle basi ben studiate, bridge e ai continui backing vocals termina in armonia con il resto delle produzioni dell'intero album.
E' un disco strano, me ne rendo subito conto; si sposa benissimo con l'attualità eppure ricorda molto del loro passato, passa da un momento musicale ad un altro con estrema facilità, supera l'incertezza della loro lunga assenza dalle scene, si riprende con onestà dalle loro ultime produzioni non brillanti pur non esagerando e non osando più di tanto come i più pensavano (e pensavamo). Un gradito ritorno di una delle band che mi ha affascinato in piena età adolescenziale.
Il voto più giusto sarebbe un 3,5 su 5.
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