Dopo 7 anni, i Garbage tornano sulla scena, smentendo ipotesi di scioglimenti definitivi, e lo fanno rimettendo all'opera il loro approccio alla musica. L'approccio giocoso e quasi distaccato di chi ama sperimentare e assemblare suoni con il piglio più del produttore che del vero musicista. Non dimentichiamoci infatti che a parte la cantante Shirley Manson, gli altri membri della band sono conosciuti soprattutto per il loro lavoro di produttori.
Venendo, al disco, alla soglia dei 50 anni o ben oltre, la band ci ripropone il sound a cui ci aveva abituati in precedenza, ma aggiornato al presente. Potremmo definirla una versione 3.0 dei Garbage, in quanto rintracciamo facilmente le sonorità techno di "Version 2.0", le chitarre pulite e rombanti di "Bleed like me", nonché momenti più trip-hop ed elettronici come nel loro album d'esordio o in "Beautifulgarbage".
Tuttavia, non ci troviamo di fronte a un'operazione nostalgia per vecchi fan. La musica è fresca e potente, e lo si avverte dalle prime note di Automatic systematic habit, brano fortemente ballabile, dalle sfumature techno che virano verso un'elettronica dark alla Blutengel. Lo si potrebbe intendere come un ammiccamento al pubblico giovanile inebriato dai sintetizzatori di Lady Gaga, ma in realtà funziona come ottimo apripista per il resto dell'album.
La techno lascia subito il posto a Big bright world, dalla melodia meno meccanica e più fluida. Un accenno quasi beatlesiano che ritroviamo nei brani più melodici dell'album come la stessa title track, sognante e psichedelica, o la tenera Beloved freak. Un gusto per la melodia che si ripete in Sugar, memore delle atmosfere trip-hop di vecchi brani come Milk o You look so fine.
La suadenza di queste tracce è comunque bilanciata da canzoni più energiche, sorrette da chitarre graffianti o che innalzano muri di suono di stampo quasi shoegaze. Ipnotico e retrò il singolo di lancio Blood for poppies, accompagnato da un videoclip che sembra filmato da Dalì, o le più elettroniche Control e Battle in me, prossimo singolo promozionale. Ritorna anche la techno con venature oscure in I hate love e si toccano punte rarefatte di trance in Felt. Più minimaliste e ispirate a un'elettronica più sporca le quattro tracce che fanno da coda per l'edizione deluxe.
Per concludere, mi aspettavo molto da quest'album, dopo 7 anni di assenza. Mi aspettavo, anzi, temevo anche una certa dose di stanchezza e un po' di difficoltà nel reinserirsi in un mercato musicale cambiato. I Garbage hanno invece dimostrato di saper svolgere al meglio il loro mestiere, selezionando gli elementi distintivi del loro sound per marcarli e aggiornarli. A molti possono risultare antipatici e snob, per il modo in cui giocano e sperimentano con la musica, proponendo album (volutamente) artefatti e stratificati, ma anche questo è uno dei loro tratti distintivi. Prendere o lasciare.
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