Lo giuro: non è per fare il bastian contrario, ma a me Rogue One non è piaciuto. Per carità, capisco che possa aver mandato in brodo di giuggiole i fan, ma fatico molto a considerarlo migliore de Il risveglio della Forza. Quello di Edwards è un film clamorosamente lineare, piatto, privo di profondità nei personaggi e nelle dinamiche: una sceneggiatura telefonata, quasi imbarazzante per quanto prevedibile e senza sussulti, che vive quasi solamente di servizi ai fan, di citazioni, richiami, connessioni coi film precedenti e successivi nella cronologia dell’universo Star Wars. Anzi, voglio dire di più: guardandolo, non ho avuto l’impressione di guardare un’opera artistica, autoriale, per quanto dalla forte attitudine commerciale. Ho percepito invece il manifestarsi di un prodotto meccanicamente concepito e realizzato, un coagularsi in un oggetto privo di personalità di tante istanze aziendali imposte dall’alto. Rogue One non esprime una personalità registica, nemmeno lontanamente: è il risultato di un meticoloso lavoro di limatura di stampo prettamente mercantile. Poco importa se all’interno di questa gabbia disneyana vengano snocciolati alcuni momenti decisamente gustosi; una volta percepita la freddezza, il puro calcolo, l’assenza di rischi e scelte forti, la visione ne risulta avvelenata e dunque rovinata.

Facciamo un passo indietro: era quasi impossibile fare male con le premesse di Rogue One. Un periodo della saga scelto ad hoc per poter sfruttare la figura di Lord Vader, la presenza di personaggi usa e getta, assenti nel capitolo III come nel IV, la possibilità di sfruttare appieno la vigoria e le contraddizioni di un Impero in fase di consolidamento. Unica difficoltà: riuscire a dare sostanza a un plot che nelle premesse poteva risultare fin troppo scheletrico. Di fatto i protagonisti devono solo rubare i progetti della Morte Nera, tutto il resto poteva essere costruzione dei personaggi, avventure, divagazioni, spasso.

Gli sceneggiatori fanno bene per quanto riguarda gli aspetti rigorosi e quasi scientifici dell’universo espanso. Collegamenti con il prima e il dopo, presenza di personaggi storici, spiegoni di come funzionano le varie armi della Morte Nera, rappresentazione (facilona) dei contrasti interni alle gerarchie dell’Impero, tributi a Darth Vader. Rogue One è rigoroso, preciso, matematico. Ma manca completamente di un motore suo, di una spinta interna che faccia funzionare la trama. Sembra tutto un pretesto per omaggiare i film del passato, per solleticare le emozioni dei fan più appassionati. E quindi, a fronte della grande precisione dei richiami interni alla saga, la storia nuova è d’una pochezza sconfortante. I personaggi vengono presentati senza interesse a dare loro tridimensionalità perché il gioco non vale la candela, per la casa di produzione: chi me lo fa fare di spendere energia e talento nella costruzione di personaggi che potrò sfruttare per un solo episodio? Molto meglio infarcire il film di sparatorie, di duelli con le astronavi, di rincorse e battute nei corridoi di una base imperiale; sono molto più facili da fare rispetto a un buon personaggio.

E quindi abbiamo una protagonista del tutto inutile, una squadra di aiutanti bidimensionali, un Mads Mikkelsen utilizzato poco e male, una serie di personaggi secondari che recitano dei ruoli standard, senza variazioni di sorta. E poi lo spettacolo, le sequenze di guerra tanto decantate: io non le ho apprezzate più di tanto. Le sparatorie con le astronavi non mi pare segnino dei nuovi livelli qualitativi, sono decenti e nulla più, mentre quelle nella base di Scarif tra ribelli e truppe imperiali sono insopportabili, come in tutti gli altri episodi. Certo, tutto sommato il finale funziona, soprattutto per l’ambientazione esotica e per l’intreccio bellico tra astronavi e forze di terra. Ma anche lì, gli esiti sono alquanto telefonati: [anticipazioni] si capisce ben presto che questi protagonisti sono sacrificabili e puntualmente vengono fatti fuori uno dopo l’altro, meccanicamente. Essendo un film senz’anima, anche questa potenzialità viene ridotta a un algoritmo che non conosce variazioni né sfumature. Una delle ultime scene, con i protagonisti che si baciano e vengono spazzati via pochi istanti dopo, poteva essere indimenticabile, ma arriva quando ormai anche i muri l’hanno capito in anticipo. Non che le cose belle siano solamente quelle inaspettate, ma qui l'assenza di sussulti emotivi è davvero rimarchevole.

Il risveglio della Forza mi lasciò tiepido, ma rispetto a questo lo ricordo come un grande film. Senza personaggi non c’è cinema. Oltre alla caratterizzazione scarsa, la scrittura delude anche nella maggior parte dei dialoghi: sono quasi tutti stucchevoli, ad eccezione delle ottime battute di K-2 (preso di peso da Laputa di Miyazaki). Infine la colonna sonora, che ho trovato in molti passaggi fastidiosa ed invadente. Belle le brevi scene con Darth Vader, ma francamente era impossibile sbagliarle: il personaggio brilla di luce propria, Edwards ha fatto dei brevi remake di cose già viste.

5.5/10

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