Chick Corea...
Pianista dallo stile originalissimo e inconfondibile, erede della lezione armonica dei vari McCoy Tyner, Hancock, Silver, divide spesso critici e ascoltatori; sarà per il suo eclettismo, il sound non sempre ortodosso o la disorientante (più di 110 album!!) e non sempre qualitativamente costante discografia
E' però musicista con le credenziali in regola: anche il purista (e nel jazz la categoria abbonda) non può disconoscere il valore di molti suoi lavori (vedi su tutti "Now He Sings, Now He Sobs").
Quest'album non può definirsi la quintessenza del jazz: lo swing, in alcuni brani, affiora appena mentre il sound flamenco, reminiscenze alla Bartok, e atmosfere impressionistiche la fanno da padroni. Ma è un album splendido, con un lirismo espressivo e un senso del timbro stupefacenti.
Merito anche del vibrafono di Burton. Coppia vincente la loro, perfetta. Come Corea, Gary Burton è musicista poliedrico, dallo stile inconfondibile e dalla discografia sterminata; e come Corea, è incline alla (buona) contaminazione.
I due si intendono a meraviglia, creando uno stile compatto e stilisticamente armonico. Il felice interplay si rivelerà assai fecondo e si rinnoverà numerose volte in avanti ("Duet", "Native Sense").
Del Corea "lirico" questo resta uno dei miei album preferiti, insieme a "Children Songs" e a "Lyric Suite for Sextet". Melodico ma non mieloso, accessibile ma non banale, frizzante ed elegantissimo. Mai noioso. Molti dei brani sono ormai degli standards (e i vari "Real Book" ne riportano i temi). Fra tutti segnalo la title track, già presente nel precedente, pure splendido, "Return to Forever", e Señor Mouse.
Essenziale non solo per un appassionato di piano jazz, ma per chi è in cerca di buona musica.
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