Il Gary Numan dei primi quattro album, i due a nome Tubeway Army più "The Pleasure Principle" e "Telekon", è qualcosa di fenomenale e fondamentale per l'originalità, la qualità, l'influenza per una caterva di artisti e sottogeneri successivi, non è sicuramente il sottoscritto a scoprirlo nè intende tediarVi con una disamina sulla scoperta dell'acqua calda, che lascia volentieri ad altri, ma per quanto riguarda la produzione successiva il giudizio può essere generalmente un po' meno lusinghiero.
Dopo il periodo d'oro 1978-1981 l'artista londinese ha perso un po' di efficacia, continuando ad insistere sugli stessi suoni e risultando anche troppo prolifico e prolisso; c'è però un album che ritengo assai affascinante e superiore alla media del Numan post "Telekon", in grado di rivaleggiare, per quanto mi riguarda, con i primi quattro grandi pilastri: "Berserker" del 1984. Il più appariscente, il più eccentrico, sicuramente anche il più "poppettaro" e il più facile da assimilare, volendo anche quello con la copertina più accattivante, per quanto mi riguarda il più efficace e di gran lunga il più ispirato, specialmente se confrontato con l'immediato predecessore "Warriors" ed il successore "The Fury", due dischi abbastanza fiacchi e privi di slancio.
Vuoi per l'imponente presenza di cori femminili, vuoi per le atmosfere esotiche che di tanto in tanto fanno capolino, vuoi per delle melodie un po' più immediate del solito, la new wave numaniana riprende nuova vita e nuovo slancio in questo disco, che risulta essere un ascolto coinvolgente, piacevole ed anche groovy, frizzante e molto divertente. La spettacolare ed incalzante sezione ritmica costituisce la spina dorsale di un album che si snoda tra le melodie futuristiche ed accattivanti di canzoni come "My Dying Machine", "The Hunter" e "The Secret", quest'ultima caratterizzata da una chitarra elettrica veramente notevole, le più riuscite dal punto di vista più strettamente pop dell'album, pop incasinato e decadente a'la Gary Numan ovviamente, e le imprevedibili progressioni a ritmi funky di "This Is New Love", "Pump It Up" e "The God Film", con annesso corredo di refrain mantrici e strategici interventi di sax per ravvivare e colorire l'atmosfera. La titletrack, maestosa cavalcata dall'incedere scenografico e solenne ed un'inquieta "Cold Warning", segnata da veloci ed elaborati arabeschi di viola mettono in mostra una rinnovata ricerca stilistica, colorando l'album di sonorità mediorientali, la vera sorpresa è però l'andamento lento, l'atmosfera smarrita e malinconica, i quesiti esistenziali di una bellissima "A Child With The Ghost", che interrompe per un attimo i ritmi frenetici di "Berserker" per offrire un momento più riflessivo, più intimo, arricchendo così un album già intenso ed affascinante di suo con un ulteriore tocco di classe.
"Berserker" è un disco di Gary Numan e a'la Gary Numan al 100%, che evidenzia palesemente la sua forza più grande, ed al tempo stesso anche il limite più gravoso: una visione unitaria basata su pochi stilemi continuamente riproposti; synths, bassi, batteria, sax, cori femminili, edonismo, futurismo, decadenza, melodie ipnotiche. Quando tutto funziona alla perfezione, come secondo me avviene nel caso di "Berserker", il risultato finale non può che essere esplosivo, magari senza la carica seminale di un "Replicas" o "The Pleasure Principle", volendo anche un po' tronfio ma comunque marchiato a fuoco dalla personalità di un artista e vocalist estremamente carismatico, che si riconosce tra mille, il marchio di un uomo forte, con una precisa visione in mente.
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