Questa volta vi voglio parlare del secondo disco solista di Gary Numan, Telekon, un album a mio avviso, adatto per le serate e le notti, da Giugno a Settembre inoltrato.Pubblicato nel 1980 con 10 brani, nella ristampa del 1998 il loro numero sale a 16. Telekon è la naturale prosecuzione di "The Pleasure Principle". A contraddistinguerlo l'aggiunta di una tastiera dal suono tenue e la presenza quasi costante del pianoforte. In copertina, il volto del cantante circondato da un'aura algida, squarcia il nero totale dello sfondo, reso però caldo dal colore arancione di crediti e linee che si intersecano a mo' di pacco regalo.
Oltre che il compositore delle musiche, Gary Numan è anche l' autore dei testi, i quali hanno una parte importante nel processo creativo. Quando non parlano di amori difficili, sono molto crpitici, ma lasciano intuire di situazioni al limite della violenza fisica o psicologica. A volte però si ha la sensazione che siano scritti solo per avere qualcosa da cantare: molti brani infatti potrebbero far benissimo a meno delle parole. Anche i titoli delle canzoni in certi casi sono molto ricercati e contribuiscono ad aumentare il valore dell'opera
Ma passiamo ad esaminare più da vicino ogni singolo brano. L'apertura dell'album è affidata a This Wreckage che dura quasi 6 minuti. L'intro si dilunga un pò troppo e non è niente di speciale ma poi la canzone si compie nel migliore dei modi grazie a un testo importante, interpretato senza il solito strafare. Si, perché spesso, a linee melodiche molto originali e di grande atmosfera, si contrappone un cantato inconfondibile ma che è il vero punto debole di questo pregevole e tutto sommato, onesto artista. The Aircrash Bureau, anch'essa lunga quasi 6 minuti, ha il suo unico punto di forza nel tema strumentale che rievoca uno o due brani di The Pleasure Principle, ed è capace di farci sentire padroni del cielo pilotando un aereo.
La terza traccia, la title track Telekon, è la canzone più minacciosa e cupa del disco: una "folata" di synth di tre accordi fa da basso continuo al cantato e alla batteria e che, quando duetta con le note impazzite del pianoforte, crea un ottimo contrasto di cristallo. Il testo parla di due persone che cominciano a scoprire i difetti di ciascuno e a non fidarsi più. Il sintetizzatore spaziale, potente e caratteristico, ci riporta ancora al disco precedente. Remind Me To Smile è una riflessione sul peso che ha la fama sugli artisti; per non esserne sopraffatti bisogna ricordarsi di sorridere e ridere. "We Are Glass", parla dell'onnipotenza della gioventù che sconfina volentieri nella crudeltà. I Die: You Die ha un ritornello molto accativante ed è forse la migliore canzone del gruppo ma non è facile capire a cosa si riferisca. I'm an Agent, la canzone col titolo peggiore, sembra la sigla di un cartone animato per via del cantato altisonante ma che in fin dei conti non le fa difetto.
Un po avulsa, The Joy Circuit, archi in primo piano e pianoforte a portare maggiore quiete, è un esercizio di sperimentazione non portato a termine del tutto. Da questo momento in avanti si cambia decisamente registro e l'evoluzione dello stile di Numan è evidente. I prossimi due brani sono quelli che io definisco i più "scientifici" di Telekon. Sleep By Windows è vento tiepido nella notte. Quasi ambient e dilatata nel suo incedere lento scandito dalla batteria, solo nel finale prende velocità per sfumare in briciole elettroniche, scelta questa, discutibile. I versi, più o meno poetici, suggeriscono un modo di punire o tenere alla larga un amore che non è più tale. I Dream Of Wires è l'unico brano in cui Numan immagina la vita nel futuro: prima si proclama "l'ultima elettricista", poi enumera normalissime azioni quotidiane che potranno essere compiute con l'ausilio di dispositivi computerizzati o con la forza del pensiero. Musicalmente inizia in sordina, con un'elettronica acida e spiritata e rimane lugubre fino al primo ritornello; quando si fa rock con l'esplodere delle percussioni perde un pò di quel mistero che l'aveva caratterizzato.
Il cuore di Telekon però sta nei brani soft in cui la nuova tastiera si esprime nuda rarefacendo l'atmosfera, tingendola di un rosa pallido. Please Push No More è una delle perle del disco: piacevole ed epidermica come un fresco venticello estivo, lievemente crepuscolare, rimpiange con rassegnazione un amore ormai finito. A Game Called Echo poteva essere un ottimo strumentale grazie ai lunghi passaggi sintetici che separano le strofe. Remember I Was Vapour ripete molte volte lo stesso tema per contenere tutti i bisogni del cantante in ambito sentimentale.
Gli ultimi pezzi dell'album sono tutti degli strumentali che non abbandonano l'atmosfera quieta dei tre precedenti.
Photograph è un piccolo capolavoro, scarno e conciso. E' anche il brano più diverso tanto che potrebbe scambiato per uno di genere classico, imperniato com'è su painoforte, organo chiesastico e synth finale. Down in the park, riproposta con un nuovo arrangiamento eseguito al pianoforte, non è però all'altezza dell'originale. Riuscita invece la rilettura in chiave sintetica del primo movimento delle tre Gymnopedie di Eric Satie, che chiude l'opera.
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