Gary Numan è stato forse quello che ha rappresentato meglio la figura del "dandy" nel periodo new-wave.
Meno geniale e più commerciale di John Foxx, Numan ebbe il merito di intuire prestissimo la nascente moda dei sintetizzatori in ambito pop.
Dopo una breve esperienza nei Tubeway Army, pubblicò, a distanza di soli sei mesi l'uno dall'altro, due dischi che avrebbero aperto la strada allo stuolo di aspiranti (non)musicisti verso la scalata delle classifiche e delle radio, e cioè "Replicas" e "The Pleasure Principle".

Quest' ultimo si priva totalmente dei suoni chitarristici a favore di arrangiamenti algidi e robotici, che musicavano testi alienanti recitati con voce imperturbabile. Grazie ad un buon gusto per la melodia, Numan divenne ben presto un divo.
"Cars" balzò al n.1 delle classifiche britanniche e ci rimase per un bel pò. Il pezzo è avvolto da una costante nebbia elettronica, e si snoda su di un ritmo lineare, accompagnato dalla voce lontana ed effettatissima di Numan. Il protagonista dell'operazione è comunque il sintetizzatore.
E' lui che raffredda tutti i pezzi con folate glaciali, come nel caso di "Films", un monotono tappeto steso sulla recita alienata del damerino inglese.
Anche il secondo singolo, "Complex", è fatto della stessa stoffa, aggiungendo solo un pizzico di romanticismo in più, grazie ad un violino graffiante che accarezza i lamenti di synth.
Ecco, ciò che decretò la fine di Numan, oltre alla labilità del suo progetto, fu la sua mancanza di romanticismo. Di certo furbo lo era, mise in scena infatti tutta una serie di atteggiamenti e di trovate, dal make-up androgino, all'abbigliamento da perfetto dandy futurista (e la copertina ne è testimone) che lo portarono ad accaparrarsi le simpatie di un pubblico che vide l'elettronica sdoganarsi da una fruizione elitaria e scendere nel territorio pop. In più, inscenò un tour fantascientifico, il "Touring Principle", che lo portò in giro circondato da raggi laser, piramidi mobili, neon abbaglianti ed effetti fumo molto avanti per l'epoca.
Da quel tour è tratta "On Broadway", bonus-track inserita insieme ad altre 6 nell'edizione rimasterizzata della Beggars Banquet, che rappresenta forse la vetta creativa del disco: il solito andamento meccanico e monocorde prelude ad un suggestivo assolo al synth, davvero notevole, che si leva su una melodia malinconica che accompagna struggente il pezzo sino all' inevitabile scroscio di applausi finali. Davvero imperdibile.

Tirando le somme un lavoro artisticamente onesto, un buon disco, ottimo testimone del clima in cui fu concepito, figlio degli onnipresenti Kraftwerk e del Bowie berlinese.
Per gli amanti del genere, sicuramente da possedere.

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