Garybaldi = Nuda, difficile dissociare il binomio sostenuto dalla splendida copertina dell'album d'esordio del gruppo genovese, fondato dal povero Pier Niccolò Fossati, in arte Bambi, sulle radici dei Gleeman; ci provo con una breve riesumazione del loro secondo album uscito nel 1973 e che personalmente ritengo superiore al primo.

"Astrolabio" è un antico strumento in grado letteralmente di descrivere gli astri, le stelle, ne esiste un prezioso modello medioevale, d'origine araba, nel museo astronomico dell'Università più antica del mondo, ma quello che vi descrivo qui serve esclusivamente per palesare l'arte del suo artefice. E' composto da due lunghe suite, una per ogni lato dell'album: psichedelica la prima "Madre di Cose Perdute", ricca di virtuosismi hedrixiani la seconda "Sette?", incluso un finale in crescendo col riconoscibile arrangiamento del celebre motivetto popolare "San Martino Campanaro", composto nel '700 e tradotto in decine di lingue, fra cui la nostra.

Due facce assai diverse della stessa medaglia: la summa artistica di un gruppo che purtroppo s'è confuso con la fin troppo abbondante proposta musicale dei primi anni '70, quando per emergere spesso non bastavano le intrinsiche qualità espressive, ma serviva un lancio e supporto da parte delle case discografiche, certamente in parte mancati nel caso di Garybaldi: osannati dalla critica, ma penalizzati dalle vendite; stessa storia di tante altre formazioni di valore dello scenario nostrano e che in questo caso vale senz'altro la pena di ricordare.

"Madre di Cose Perdute" è un piccolo gioiello dove la trama tessuta dalla chitarra di Bambi Fossati è egregiamente assecondata dalle tastiere di Lio Marchi nel morbido esordio pieno d'attesa e di echi che lasciano presto il posto al tema principale, assai epico ed inconfondibile che si sviluppa per il resto della traccia sempre egregiamente arpeggiato da Fossati, con i pur bravi Serra al basso e Cassinelli alla batteria in funzione di puro accompagnamento. Seconda parte del brano mirabilmente psichedelica ed in parte meditativa, con l'inevitabile ripresa finale del tema principale. Sono certo che ad un primo ascolto alcuni "soffriranno" il tono alquanto dimesso del contributo vocale di Bambi, però approfondendo la conoscenza di questo brano son certo che l'ammalgama con esso migliorerà sensibilmente il vostro parere. Con ciò non voglio certo affermare che ne rappresenti uno dei punti di forza.

"Sette?", come introduce lo stesso Bambi, parla del "sistema" e lo fa come avrebbe fatto il suo idolo Jimi, certamente conosciuto in uno dei tre concerti italiani del '68, in cui viene descritto assai alla mano coi pochi convenuti, almeno quelli che ebbero la fortuna di seguirlo al Palazzetto dello Sport di Bologna. Persino la voce di Bambi filtrata e parzialmente distorta ricorda assai lo stile del grande Hendrix, ma non consente di comprendere la critica al "sistema" fatta dall'autore, salvo disporre dei testi allegati alla prima versione su CD della Fonit Cetra. Dopo il lungo omaggio al maestro, inizia un ampio e rilevante dialogo musicale tra Fossati e Marchi sul quale l'autore racconta ironicamente il suo particolare rapporto col "sistema" sempre sulla falsariga dei monologhi di Jimi. Fantastica la costruzione strumentale per l'uscita in crescendo sul tema di "San Martino Campanaro", Frère Jacques potrebbe andarne fiero!

La prova di maturità dei Garybaldi è senz'altro superata col massimo dei voti, peccato resterà una soddisfazione per pochi intimi e purtroppo solo alla memoria del suo artefice, morto a soli 65 anni! Il giudizio è inferiore al valore intrinseco dell'opera, però le 5 stelle sono riservate ai capolavori e se questo lo si può anche considerare per il gruppo non lo fu certamente all'epoca.

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