"Le tende sono tirate
Ora il fuoco riscalda la stanza
Mentre fuori
Il vento di nord-est raggela l'aria
Comincerà a nevicare presto"
Il crepuscolo, gli ultimi atti di una giornata, la quiete prima della tempesta, l'ultimo lavoro degli anni '70 di una grande band.
I versi che aprono "Undertown" sono qualcosa di splendido , partoriti da quel piccolo grande uomo che è Tony Banks, in questo disco fin dalla copertina i tre cercano di proseguire il discorso iniziato con l'album precedente, un lavoro di meditazione e di ricerca di altre soluzioni stilistiche senza distaccarsi troppo da ciò che di buono hanno prodotto, e allora che in questa produzione convivono le atmosfere gioiose, i canti riflessivi, scenari onirici e sfacciate canzoni Pop.
Sorprendono subito l'ascoltatore le canzoni che trattano la mitologia western, il gruppo prende il distacco dalla corrente favolistica e storica inglese per immergersi in tutt'altra linea tematica che alla fine rende in qualche pezzo, "Say It's Alright Joe", sublime storia di un ubriacone fallito retta impeccabilmente dai tre superstiti che costruiscono un' atmosfera sospesa all'inizio e che poi evolve in ben altri ritmi per ricordare i bei tempi andati "C'erano re che ridevano nella pioggia / E mi dicevano che sarei stato in testa al corteo ..".
Chi cerca i Genesis più genuini li può trovare nella bellissima "Burning Rope", brano che sembra essere uscito direttamente da "Wind And Wuthering" per l'uso che fanno delle percussioni e delle tastiere, ma è ancora il West il protagonista della storia "Ti stai arrampicando su una fune che brucia per sfuggire alla folla di sotto / Ma hai spento le fiamme perchè non ti possono seguire / Per essere lontano da quelli che ti vogliono male", brano memorabile tra i più belli della loro discografia.
La tendenza è quella di eliminare la forma più tipicamente prog per realizzare brani il più fedeli alle tipiche canzoni, questo riesce in parte, di sicuro in "Many Too Many" ma fa acqua in molti altri brani che vengono decisamente appesantiti da arrangiamenti ancora barocchi e caotici, "Ballad Of Big", "Snowbound" e "Deep In The Motherlode".
C'è da dire che il lavoro è ancora godibile, che offre intuizioni melodiche originali e suggestive, ma è decisamente un opera incompleta, il rimanere in bilico fra due generi diversi non rende e il successivo "Duke", pur non avendo brani veramente memorabili è più lineare nella sua sfrontatezza pop-rock.
Una curiosità, i Genesis si fanno conoscere dal pubblico femminile di massa grazie a questo album, "Follow You Follow Me" diventa fin da subito una cantilena micidiale e trafigge facilmente i giovani cuori di molte donzelle, è iniziato il cammino inarrestabile della macchina Genesis .
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