L'album più famoso dei Genesis prima maniera, frutto maturo della temperie progressiva di marca genesisiana inaugurata con Trespass, proseguita con dischi di grande spessore nei quali si definiscono i parametri di uno stile giustamente premiato dalla storia e dalla critica, non dal grande pubblico e dalle classifiche, come avverrà invece negli anni che seguono la defezione di Gabriel.

Se una critica si può muovere ad un album come Selling England, riguarda forse il lieve calo di ispirazione di Banks e compagni, manifestatosi con una tendenza ad un virtuosismo talvolta esasperato, all'uso non sempre appropriato dei sintetizzatori, che talvolta spezzano troppo bruscamente l'atmosfera, unitamente al carattere eccessivamente pop di alcuni brani (I Know What I Like, More Fool Me); insomma, dietro quest'album si intravede un generale calo di idee motivo per cui saremmo portati a preferirgli il precedente Foxtrot, forse il loro album più completo, vera "summa" dell' arte Genesis.

A scanso di equivoci, il disco è comunque splendido, ancora una volta i cinque riescono a stupire per l'imprevedibilità delle linee melodiche e l'incredibile ricchezza armonica dei brani, il tutto immerso nell'inconfondibile atmosfera sognante e romantica, dal sapore medievale, barocco, che li rende allo stesso tempo così moderni e antichi, così innovatori e legati alla tradizione.
Degni di nota anche i testi, con i consueti riferimenti letterari, storpiature linguistiche, giochi di parole, nei quali accanto ai consueti nodi mitologico-favolistici si inseriscono tematiche sociali; come nella traccia iniziale (Dancing With The Moonlit Knight), atto d'accusa al consumismo della vita moderna, notevole anche sotto l'aspetto musicale (struggente la voce di Gabriel che apre il brano), con il consueto susseguirsi di temi in un crescendo di epicità.
Segue la pur gradevole I Know What I Like, per arrivare al pezzo forte, il più celebre dell' album, Firth of Fifth, forse quanto di meglio i Genesis hanno prodotto nella loro carriera: l'intro di piano vale da solo il prezzo del disco, per il resto, difficile commentare un lavoro di tale levatura, di fronte al quale anche i pur ottimi brani successivi passano in secondo piano (la mini-suite The Battle of Epping Forest, dal carattere quasi "teatrale", operettistico, o la strumentale "After the Ordeal").

"The Cinema Show" (con testi ispirati ad un passo di "The Waste Land" di T.S. Eliot), dai delicati arpeggi iniziali e "Aisle of Plenty" chiudono degnamente un disco strepitoso ed un epoca, uno stile, un approccio alla musica che non ha eguali nella storia del progressive e del rock tutto; gli stessi Genesis negli album successivi, a cominciare da The Lamb, per finire con un pop commerciale decisamente poco dignitoso, non saranno in grado di eguagliare i vertici artistici raggiunti in questa prima parte di carriera, e a definire uno stile per ricchezza di suoni, originalità, spontaneità e nello stesso tempo ricercatezza, almeno lontanamente paragonabile a questo.

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