Amo definirlo “Music-All”: uno spartiacque tra opera rock (alcuni direbbero concept album) e il musical da rappresentazione su un palcoscenico di Broadway.
Music-All, tutta la musica che c’è. La genesi di un capolavoro. La fine di una formazione irripetibile. Il viaggio di un un portoricano dei bassifondi nella New York pericolosamente affascinante e incentivante per ogni uomo in cerca della sua dimensione.
Il documento col quale Gabriel dichiara ufficialmente concluso il viaggio (geneticamente precluso del rimpatrio) dei Genesis, sforzandosi di rinfocolare lo sfavillio raffigurato dal gruppo per poi poterlo seppellire senza il pericolo di doversi confrontare con eventuali amari retaggi.
La mente di Peter gia in multitasking. Le musiche quasi interamente disegnate dagli arrangiamenti al piano di Banks (l’intro del disco, la title-track, rimarrà nei secoli dei secoli, amen) e dalle dolci note profuse dal basso accarezzato da Rutherford. Il genio di Phil Collins limitato all’uso di batteria e percussioni, ove trova pieno sfogo la sua personalità apertamente in contrasto con Gabriel.
Una storia sussurrata con metafore intelligenti e dolci melodie contenuti in testi di purissima razza.

Un’ora e mezza accompagnando il giovane Rael nel viaggio attraverso la Grande Mela. Enossificazione del grandissimo Brian Eno in The Waiting Room col sua tipica firma dell’aereo che svolazza.
Il racconto è ripartito in ventitrè capitoli, suddivisi in due cd pressappoco della stessa durata, che necessitano inderogabilmente d’essere ascoltati tutto d’un fiato. Guai a non farlo, evitare accuratamente d’ascoltarlo parzialmente o in frammenti: sarebbe inutile oltre che nocivo per voi (vi precludereste di compiacerevi dell’euritmia colla quale è stato concepito) ed irriverente verso l’Opera.
Ricordatevi che il significato di una bella creazione sta almeno altrettanto nell’anima di chi la contempla quanto nell’anima di chi la creò (chi l’ha detto?).

Catapultati a Manatthan dai testi rigorosamente in rima di Gabriel (che non volle farsi aiutare da nessuno nella redazione degli stessi, per mantenere tangibile la ricostruzione dello stato d’animo del cantante all’interno della storia raccontata), circondati da arazzi a sei corde miniati da Steve Hackett, ripercorriamo a ritroso le tappe della vita dei Genesis, evoluzione che trovo divinamente racchiusa all’interno della frase: “The un-paid extras disturb the sleeping Broadway. WALK to the left, DON’T WALK to the right: on Broadway directions don’t look so bright.”

Gabriel, allora ormai a fatica sopportato dalla band esasperata dal suo charme a dal suo protagonismo, regala l’ultimo respiro di vita di una delle band più importanti della musica progressive rock. Dopo questo disco che non ammette perfettibilità non esistettero più i Genesis. Nel caso non vi piacesse questo disco vi consiglio di rivolgervi ad un buon medico per una otoscopia. WALK to the left, DON’T WALK to the right: on Broadway directions don’t look so bright.

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